20 Febbraio 2012, 19:57
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“Francesco era un ragazzo di ventotto anni, pieno di vita, estroso e con molti amici. Francesco era un uomo che aveva scelto di servire il proprio Paese”. E’ il ricordo (VIDEO DI MARTINA MILIANI), con poche e toccanti parole, dello zio del caporalmaggiore Francesco Paolo Messineo, morto in Afghanistan a causa di un incidente in cui ha perso la vita insieme ad altri due colleghi. “Era una missione di soccorso di un mezzo in difficoltà – spiega il tenente colonnello Virgilio Savarino, addetto stampa della Regione militare Sud – ma durante il guado del fiume l’autoblindo si è rovesciato, intrappolando il caporalmaggiore Messineo e i suoi colleghi. A causa delle particolari condizioni meteo e del territorio, l’Afghanistan non ha strade né infrastrutture e per questo il rischio di incidenti di questo tipo è alto”.
Non parlano gli amici di Francesco. Non vogliono parlare nemmeno i familiari che si chiudono in un muto dolore nella loro casa di via Giustino Ferrara a Termini Imerese. Il paese è scosso da una tragica perdita in un giorno che invece doveva essere di festa. “Abbiamo già annullato il palinsesto di questa sera di Carnevale, anche se la macchina non si può arrestare del tutto. Non è una scelta ma un atto doveroso nei confronti di un italiano morto servendo lo Stato – dice Salvatore Burrafato, sindaco di Termini Imerese –. Conosco molto bene la famiglia, persone perbene e con un grande sentimento della nazione. Il numero degli italiani in missione è in continua crescita, ma se questo significa pagare prezzi così alti, bisogna rimeditare se ci sono tutte le condizioni necessarie per continuare questo impegno”. Francesco doveva tornare ad aprile dalla quarta missione in sette anni come volontario. Era già rientrato in gennaio, per dare l’ultimo saluto al nonno defunto.
“Quella di arruolarsi era stata una sua libera scelta, nessuno in famiglia lo aveva costretto – racconta lo zio Antonio Mulè –. Non era la prima volta che si trovava in condizioni così difficili, in precedenza era già stato in Afghanistan e Libano. Nonostante tutto andava fiero di quello che faceva”. Francesco non era soltanto un uomo dedito al suo lavoro. I suoi compaesani lo ricordano come “il più bravo ragazzo di Termini Imerese”. In fondo, come tutti i ragazzi della sua età, Francesco amava la vita, amava divertirsi, stare con gli amici e seguire la sua squadra del cuore.
“Non riesco a pensare che sia morto , lo vedo ancora qui, davanti a me, mentre posteggia la macchina o si affaccia dal balcone di casa sua – a parlare è una commerciante di via Ferrara che commossa, ricostruisce alcuni frammenti di una vita spezzata – era un bel ragazzo, vivace e in armonia con tutti”.
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20 Febbraio 2012, 19:57