29 Luglio 2020, 19:55
3 min di lettura
PALERMO – Più che un’inchiesta è un viaggio nelle viscere di una Palermo maleodorante. Bande di predoni vanno in giro a razziare di tutto. Non solo in città, ma anche in provincia. Il blitz dei carabinieri con i venti arresti di oggi accende l’ennesimo faro su un sottobosco di violenza e sopraffazione.
Nell’inchiesta del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dei sostituti Giorgia Spiri e Felice De Benedittis, c’è dentro di tutto: dai furti alle rapine, dalle estorsioni allo spaccio di droga. I militari sono partiti dal numero di targa di un furgone Iveco, su cui era stato caricato il materiale edile rubato nel deposito di un’impresa e Lascari, e si sono dovuti misure con un giro vorticoso di illegalità gestito, così sostiene l’accusa, dalla famiglia Cintura.
Le basi operative erano una taverna abusiva in un magazzino di via Torre Ingastone, al Cep, e la “stalla” di via Mango, a Borgo Nuovo. Quest’ultima è da sempre la roccaforte dei Cintura. Si tratta di un locale malandato, accanto a una villa seicentesca.
L’anno scorso si è scoperto che era anche la stalla degli orrori, dove venivano spezzate le ossa alle vittime-complici dei falsi incidenti. Tra un femore rotto e l’altro i Cintura avrebbero usato la stalla come deposito del materiale rubato. Una refurtiva variegata: materiale edile, macchine, furgoni, motori, ponteggi in ferro, tubi di rame, betoniere, radiatori per climatizzatori e tanto altro ancora.
La banda non ha risparmiato i locali della comunità Don Calabria, che a Trabia dà una mano ai tossicodipendenti, lo stabilimento della ex Coca Cola a Partanna Mondello (quello che doveva ospitare Decathlon) o l’acquedotto comunale San Ciro, a Palermo, il giardino della memoria intitolato alle vittime della mafia a Isola delle Femmine.
I Cintura avrebbero tenuto sotto scacco con la violenza grosse fette dei rioni Cruillas, Cep e Zen. Facevano il giro delle attività commerciali e con la scusa di dovere raccogliere i soldi per la festa di quartiere si facevano consegnare poche decine di euro: 10 euro dal titolare di un bar, 20 euro dal parrucchiere, 50 euro dal benzinaio, 40 euro dallo sfasciacarrozze. Il linguaggio era esaustivo e convincente: “Ti sbatto la testa per terra”.
Altre volte erano gli stessi indagati a subire la reazione violenta. Sarebbe accaduto a Massimiliano Cataldo che assieme a Gianluca Caruso (sono solo indagati) avrebbero allestito una piantagione di marijuana a Isola delle Femmine. Solo che una notte sparirono 400 piante di Cannabis. Il mancato guadagno fu contestato a Cataldo. Che subì una ritorsione, nonostante fosse fratello di Ivan, uno degli arrestati del blitz.
Così la ricostruisce Antonino Buscemi, intercettato dai carabinieri: “… si è venduto a suo fratello (stavano parlando di Ivan Cataldo) per il fatto dell’erba, proprio lo hanno distrutto a suo fratello ieri, lo hanno portato mezzo in coma all’ospedale… gliela sono andati a rubare l’erba… lui faceva il guardiano… gliel’hanno rubata e quelli non ci hanno creduto… di mattina volevano cinquemila euro l’uno da loro infatti loro si stavano andando a vendere la pala, ora di sera ne volevano diecimila e diecimila… lo sai chi la poteva sistemare solo tuo zio Andrea (l’interlocutore di Buscemi è Marcello Domenico Cintura), gli faceva dare solo i loro soldi che hanno speso, dove si è detto mai che uno gli deve dare pure il guadagno… almeno così io so, poi non lo so se è vero”.
Pubblicato il
29 Luglio 2020, 19:55