Se la passione non vale nulla | Il calcio non è di chi lo ama

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28 Giugno 2015, 08:30

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CATANIA – Un circo che si muove intorno alla passione dei tifosi ma che di questa passione se ne infischia. Non si rischia l’esagerazione, perché l’ulteriore scandalo esploso nell’ennesima estate torrida per la nostra giustizia sportiva dimostra come il sistema calcio sia stato sconfitto da se stesso. Palesando assordante ingratitudine per quelli che, a tutti gli effetti, rappresentano i suoi datori di lavoro. Con una scientifica assenza di regole ferree, alimentando connivenze con ambigue organizzazioni e personalità che agiscono ai confini della legalità, scorrazzando liberamente tra campi e sedi istituzionali in barba all’interminabile sfilza di inefficaci provvedimenti promossi e adottati, oramai con irritante puntualità, anno dopo anno. Scandalo dopo scandalo.

Un sistema sabotato dalle infinite venature di quei dubbi microcosmi che gli gravitano intorno e dall’indimostrabile volontà di non privarsene. Non la visionaria farneticazione di un pensiero votato al complotto, bensì la disarmante cronologia di misfatti che, oltre alle regole del gioco, tentano di riscrivere persino la nomenclatura della linguistica applicata a una delle discipline sportive più popolari al mondo: numero di maglia par tramutarsi in treno, gara rischia l’involuzione in palazzina, mentre sfumature di emozioni quali orgoglio e senso di appartenenza vengono retrocesse a impellenze quaternarie. Anzi, appaiono condannate alla radiazione.

Stazioni dismesse che i convogli del cinico malaffare non prendono neanche in considerazione. Non si riesce a sconfiggere il cancro della corruzione e dell’insana competizione, oramai giunto a uno stadio di disgregazione in metastasi prive di controllo. Scontata considerazione che nasce, cresce e si esaurisce entro se stessa, se ci si ostina a non tenere conto delle istanze del come. Come iniziare? Come procedere? Come punire? Come riorganizzare? Poker di domande in grado di rendere perdente qualsiasi mela marcia animata dalla convinzione di trovare terreno fertile nella scala reale di facili guadagni per dirigenti e tesserati.

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Calciopoli, Scommessopoli, Treni del gol. Espressioni che appassionati e addetti ai lavori hanno imparato a conoscere. Casi su casi, inchieste su inchieste. Che hanno coinvolto e coinvolgono i campionati di maggiore prestigio e le innumerevoli costellazioni della sfera che rotola sui campi di paese o di periferia. Senza trascurare le gazzarre che, non in maniera episodica, si ostinano a macchiare persino le gare dei tornei giovanili. Pugni di ferro, provvedimenti esemplari, massimo rigore: le reazioni a caldo rappresentano arena di scontro mediatico tra anime diverse di un medesimo giustizialismo destinato a risolversi, con studiata consuetudine, in una bolla di sapone.

Mentre il calcio italiano continua a vivacchiare tra declamazioni di necessità (reali) di cambiamento e l’incapacità (presunta) di passare dalle parole ai fatti. Salvo poi incassare ceffoni carichi di clamore dalla giustizia ordinaria e, in seconda battuta, da quella sportiva. Manate a sangue freddo che bruciano sulla pelle di chi continua a credere nei valori dell’agonismo: in queste ore anche la Sicilia è costretta a leccarsi le ferite, in attesa che le sentenze definitive facciano chiarezza sui protagonisti e accertino eventuali responsabilità. La sfiducia, tuttavia, è un sentimento indotto che non ha la pazienza di attendere i diversi gradi di giudizio. Strappandola al sarcasmo intercettato in una discutibile conversazione telefonica, la passione ha il dovere di riappropriarsi di un’espressione che non può che avere un senso univoco: viva lo sport.

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28 Giugno 2015, 08:30

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