22 Febbraio 2013, 10:09
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MESSINA – Il rettore Tomasello non si dimette. La condanna emessa dal Tribunale, tre anni e sei mesi, (con il condono di due anni e due mesi) più l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni, pare non aver scalfito la passione di Tomasello per l’ermellino e non “solleva” il magnifico dell’Università di Messina dalla sua poltrona. Per motivare la sua decisione ha scritto una lettera all’intero corpo docente dell’ateneo. Lì, il rettore spiega perchè non lascia, “lasciando”, però, di stucco quanti pensavano che, se non la serie di inchieste che lo vedono indagato, una condanna, anche se non definitiva, potesse indurlo alle dimissioni.
Eppure proprio lui, poco più di un mese fa, a inizio anno, in una lettera inviata ai docenti, al personale tecnico-amministrativo e agli studenti aveva scritto, al punto 6: “Bisogna non solo essere ma anche apparire indipendenti, sia pure dalle proprie mozioni personali. Se esse coincidono con l’interesse dell’Istituzione è un gran bene; se, viceversa,confliggono, dovrebbe prevalere sempre quest’ultimo”.
Questa la lettera che il rettore ha inviato ai docenti: “Carissimi, non entro nel merito di una decisione giudiziale che mi riguarda e si riferisce a condotte che, comunque, non ho in alcun modo tenuto – scrive il rettore -. Mi rivolgo a voi che conoscente le ineludibili norme di legge e la fisiologia delle dinamiche universitarie e sapete perfettamente che le condotte addebitatemi non sarebbero state praticabili, in nessun caso e da parte di nessuno, meno che mai alla luce dei vigenti ordinamenti. Risulta, altresì, chiaro che le storie personali di correttezza e di dedizione istituzionale rischiano di perdere valore nell’altrui considerazione. Forse, ciò che appare pesare di più è il loro esatto contrario”.
Tomasello conferma la sua innocenza. “Nel rivendicare con forza la mia estraneità ai fatti che mi vengono addebitati, certo che, prima o poi, la verità dovrà emergere in modo chiaro, so che ciascuno di voi ha toccato con mano, in una infinità di occasioni, la mia concezione dell’etica pubblica, la limpidezza della mia azione di governo e il mio rigoroso rispetto della regolarità degli atti sia amministrativi che contabili, in ciò sempre confortato da autorevoli consulenze giuridiche. Con la forza morale che deriva da questa consapevolezza e dai risultati conseguiti, di cui tutti andiamo fieri, non esiterò un solo momento e porterò a compimento, con la necessaria determinazione e con le mie migliori energie, l’opera iniziata. La comunità accademica, tuttavia, si deve interrogare sulle improprie conflittualità che, ancorché limitate, continuano a persistere al suo interno, portando a un inevitabile autolesionismo, e deve saperle individuare e isolare sul piano istituzionale in modo adeguato. Bisogna soffermarsi una volta per tutte, coinvolgendo anche la comunità locale, sul destino dell’Università nella nostra realtà e sulla percezione esterna del suo autentico e insostituibile ruolo sociale. Bisogna riaffermare la forza e il valore del nostro progetto, di cui tanti e non pochi hanno apprezzato l’elevato profilo e le ricadute positive, e svilupparlo ulteriormente, per una crescita complessiva del sistema, senza mortificarlo con calcoli poco lungimiranti. Per tali ragioni, sarà necessario considerare attentamente gli scenari che si prospettano, valutando le implicazioni di ogni decisione strategica nel particolare contesto in cui viviamo e nella difficile stagione del Sistema universitario italiano”.
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22 Febbraio 2013, 10:09