11 Febbraio 2015, 06:07
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MESSINA. E’ una breve ma durissima requisitoria quella pronunciata in aula dal pubblico ministero di Messina davanti al Gup Monica Marino, nell’ambito del processo con rito abbreviato scaturito dall’operazione “First Aid”, che lo scorso luglio ha sgominato una presunta associazione dedita alle truffe assicurative tra le province di Catania e Messina.
E le richieste di condanna sono pesantissime. Per i cinque imputati, tutti accusati di associazione, che hanno optato per il rito abbreviato sono stati chiesti complessivamente 38 anni di carcere. Per il pm il quadro probatorio emerso non lascerebbe dubbi sulle responsabilità: Lucio Parisi, considerato al vertice dell’organizzazione è in carcere ormai da quasi sette mesi, Rosario Genati, medico al pronto soccorso dell’ospedale San Vincenzo di Taormina, Carmelo Compagnino, Massimo Donato e Salvatore Moschella, ognuno con un ruolo ben preciso all’interno dell’organizzazione.
Per l’accusa si tratterebbe di un’associazione capillare formata da professionisti. Lucio Parisi, giarrese, oltre ad occuparsi dell’organizzazione completa dei falsi sinistri stabiliva, sempre per l’accusa, anche i compensi per i soggetti coinvolti nelle frodi.
Compagnino e Donato entrambi ai domiciliari, avrebbero avuto, il primo, il ruolo di disbrigo pratiche, il secondo, invece, di reclutamento dei soggetti da coinvolgere negli incidenti. Più variabile il compito di Salvatore Moschella, anch’egli detenuto ai domiciliari, che, per il pm, avrebbe svolto vari compiti a seconda delle esigenze, anche conducente dei mezzi e testimone. Infine la posizione centrale del medico di Calatabiano Rosario Genati, ancora agli arresti domiciliari. L’uomo, per l’accusa, avrebbe non solo redatto certificati medici falsi ma avrebbe messo a disposizione dell’associazione i propri turni in ospedale affinché i sodali potessero organizzarsi meglio. Per quest’ultimo, chiamato a rispondere di ben 22 capi d’imputazione tra associazione a delinquere dedita alle truffe, falsità commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e frode assicurativa, il pubblico ministero ha chiesto una condanna a 14 anni.
Per Lucio Parisi richiesta, invece, una pena a 10 anni e 4 mesi. Infine per Salvatore Moschella, Massimo Donato e Carmelo Compagnino chiesti rispettivamente 5 anni e 6 mesi, 5 anni e 3 anni. Cinque le compagnie assicurative costituitesi parte civile. Non così per l’ospedale “San Vincenzo” di Taormina.
LE DIFESE. Pene spropositate, per il collegio difensivo, quelle richieste dall’accusa. Ad aprire le arringhe è Enzo Trantino, difensore di fiducia di Lucio Parisi, che ha chiesto al giudice il riconoscimento della continuità dei reati. Tutti sarebbero stati funzionali ad un unico obiettivo. Il legale ha poi puntato sulla collaborazione alle indagini fornita dal proprio assistito. Parisi non solo avrebbe ammesso le proprie responsabilità in merito ai reati contestati, ma avrebbe anche fatto luce su episodi non riscontrati dagli inquirenti. Al termine della discussione Trantino, sottolineando anche lo stato di incensuratezza di Parisi, ha chiesto una condanna a 2 anni e la sostituzione della misura cautelare in carcere con l’obbligo di firma. Il pm non ha prestato il consenso.
E con il vincolo della continuazione, insito nel paradigma normativo del reato associativo, ha aperto l’arringa il legale Ernesto Pino, difensore di Rosario Genati. Pino ha ribadito che tutti i reati contestati dall’accusa, se fosse riconosciuta l’associazione, farebbero parte, per caratteristiche e modalità, di un piano iniziale.
Il legale ha evidenziato poi come il proprio assistito abbia ammesso le proprie responsabilità, spiegando anche i motivi che lo avrebbero spinto a commettere i reati contestati. L’uomo sarebbe stato vittima di agenti assicurativi che lo avrebbero portato a indebitarsi per oltre 120mila euro. Difficoltà economiche che emergerebbero anche dalle intercettazioni captate dai finanzieri di Taormina nel corso delle indagini. Motivi che, secondo il difensore, devono essere attentamente valutati dal giudice. Al termine dell’arringa l’avvocato Pino ha chiesto il riconoscimento della sussistenza della continuazione e il contenimento della pena entro il minino edittale per evitare il carcere, ovvero 3 anni.
I legali di Salvatore Moschella, direttore d’albergo, hanno chiesto l’assoluzione da tutti i reati contestati e la scarcerazione. Per la difesa l’uomo sarebbe totalmente estraneo alle truffe.
Chiesta infine per Massimo Donato la sospensione condizionale della pena. Per il difensore di fiducia non sarebbero emerse chiare responsabilità in merito alla sua appartenenza al sodalizio. I reati contestati sarebbero frutto di accordi occasionali.
Nella prossima udienza, rinviata al 19 febbraio, sarà discussa l’ultima posizione. Prenderà la parola il legale Enzo Iofrida, difensore di Carmelo Compagnino, anch’egli giarrese.
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11 Febbraio 2015, 06:07