Un derby “novello”| per sentirsi in serie A

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10 Novembre 2013, 15:15

6 min di lettura

PALERMO – Ci voleva un derby per farmi sentire di nuovo … in serie A. Un derby novello, come certi vini mai assaggiati prima, che alla fine, però, ti lasciano in bocca un gusto speciale.

Ieri al “Barbera” ho ritrovato l’atmosfera dei tempi belli, quando lo stadio si colorava tutto di rosanero e i canti, gli inni, i cori ti riempivano il cuore di una leggerezza speciale, che è quella della giovinezza che, a dispetto della fatica di vivere, ogni tanto, a sorpresa, ritorna. Ebbene, ieri mi è bastato sbucare dall’imbuto delle scale ed entrare nello stadio per sentirmi lieve come una piuma, di nuovo capace di pensare in grande, di sognare, come un ragazzo che ha tutta la vita davanti ed ancora tante partite del Palermo da vedere. Mi è bastato dare un’occhiata alla curva Nord per pensare che il tempo si era fermato ed eravamo finalmente tornati a quelli della serie A, quando arrivavano gli squadroni, che qui chiamano, “le strisciate”, e lo stadio diventava improvvisamente inadeguato, strapieno com’era di gente, da un angolo all’altro degli spalti, perfino laggiù, dove c’è la cosiddetta gabbia che ospita i tifosi della squadra avversaria. Ieri, a mezzora dal fischio di inizio, lo stadio era già tornato ad essere … il mio stadio, quello che conosco da una vita, che amo e non lascerei mai per nessun altro stadio al mondo. Poi ho guardato verso destra, tra la curva Sud e gli ultimi avamposti della gradinata, e ho visto il gruppone (seicento e passa) dei tifosi granata, venuti da Trapani, letteralmente immersi nei loro bandieroni, che tentavano di rispondere ai canti e ai cori della curva Nord e – perdiana – ci riuscivano, perché quand’è la passione a guidare gli impulsi del cuore il numero conta fino ad un certo punto.

Ma è durata poco l’illusione dei tifosi trapanesi perché appena lo speaker ha annunciato, nome per nome, la formazione granata i fischi, provenienti da tutto lo stadio, sono stati tali e tanti che, dopo il primo nome, quello di Nordi, non si è sentito nient’altro. E, viceversa, all’annuncio della formazione rosanero: “Numero Uno Stefano…” “Sor-ren-ti-no”…”, lo stadio era tornato ad essere quello di due-tre anni fa, quando da queste parti si sognava in grande e si era pure capaci di lasciare casa, lavoro, moglie e figli per andare in quarantamila all’Olimpico di Roma per la finale di Coppa Italia.

Ecco, cos’è un derby, un derby purchessia, per i tifosi rosanero: hai voglia a dire che “per noi c’è un solo derby, quello col Catania”, poi, però, arriva il Trapani, avversario mai “praticato” prima a certi livelli, ed ecco che la fiammella si riaccende e torna quell’ “aria” speciale, che è, appunto, l’aria del derby. Che inizia tra mille difficoltà, col Palermo contratto come avesse davanti il… Real Madrid e non una buona squadra di categoria, che proviene dalla serie C, che, però, gioca con la disinvoltura e la semplicità di chi non ha nulla (o quasi) da perdere. Insomma, c’è un Palermo che fatica e, di contro, un Trapani che gioca in scioltezza e si fa pure minaccioso e ci vuole una scivolata provvidenziale di Munoz per sventare un veloce contropiede granata. Ma alla mezzora, accade qualcosa che sembra, lì per lì, una disdetta e, invece, si rivelerà una manna che arriva direttamente dal cielo: s’infortuna (ed esce) Dybala, che aveva iniziato la partita come al solito, con i suoi ghirigori, belli da vedere ma ininfluenti, ed entra Belotti.

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E il Palermo avverte subito come una scossa sin dal primo minuto della ripresa, si vede la grinta che non c’era mai stata, la manovra si fa più aggressiva e la spinta la dà il ragazzino, Belotti, che calcia dai venticinque metri una bordata che sfiora di un niente la traversa. E’ il segnale della riscossa, l’imprimatur dei valori diversi in campo: da una parte il Palermo, in lizza per la promozione in serie A e dall’altra una neopromossa in B, il Trapani, che avverte subito il vento gelido di una partita, che sembrava facile e agevole come una discesa e diventa al’improvviso impervia come la scalata di una parete verticale. A guidare la riscossa, sembra strano ma è così, oltre al suo condottiero che sta in panchina col suo beretto-talismano, è il più giovane fra tutti i ventidue, quel Belotti, under 21 arrivato a due minuti dalla chiusura del mercato di questa estate. Belotti è una furia, sembra lui quello che sente di più l’ “aria del derby” e trascina tutto lo stadio in un tifo che non si sentiva da mesi così forte e compatto.

Un urlo ininterrotto che diventa boato assordante quando finalmente il Palermo sblocca il risultato col gol dell’1-0 di Lafferty, su imbeccata – naturalmente – di Belotti. Che si era bevuto in dribbling (il suo dribbling non è quello vellutato degli artisti del “tiki-taka”, ma quello straripante che gli permette la sua possanza fisica) due avversari e, giunto sul fondo, la crossa al’indietro, giusto sul piede destro del bomber nordirlandese. L’abbraccio di quest’ultimo al ragazzino ex Albinoleffe è la sintesi della bellezza del calcio, del fatto che si tratta pur sempre di un gioco di squadra, nel quale il difetto dell’uno si mischia – fino a diventare un pregio – nella virtù dell’altro.

E Belotti non si ferma qui, capisce che è la sua giornata ed insiste, lotta come un leone su ogni palla e, se necessario, arretra per dare una mano alla difesa. Perché il Trapani orgogliosamente reagisce e si vede che le sue trame di gioco arrivano da lontano, da un lavoro assiduo del bravo Boscaglia, che conosce i suoi ragazzi da anni e sa bene che solo giocando a viso aperto ne può tirar fuori il meglio. Che stavolta non basta, perché in panchina, dall’altra parte, c’è un vecchio volpone, uno che conosce vita, morte e miracoli della categoria.

C’è Iachini, che, raggiunto il vantaggio, sostituisce Bacinovic con Verre, conferendo così al suo team più qualità. E le occasioni fioccano, anche perché il Trapani si sbilancia nel tentativo di pareggiare, ma la difesa rosa regge bene, e qui il più sicuro è quello che di solito non gioca: Milanovic. Poi si rompe Terlizzi, che del Trapani è il leader, e gli spazi in contropiede diventano inviti irresistibili per lo scatenato Belotti. Che si avventa su ogni palla ed ora, però, ha tanto campo davanti e lui se lo mangia, se lo divora: riceve un lancio lungo di Pisano e parte in dribbling, tentano di fermarlo, c’è un rimpallo, poi un altro e lui, famelico è sempre lì, in agguato. E alla fine lancia davanti solo davanti alla porta granata il suo capitano che in scivolata beffa Nordi: 2-0 e partita chiusa. Chiusa? No, se prima non la sigilla con il suo bellissimo gol chi più di tutti se lo merita: Belotti. Con un gran destro rasoterra da fuori area, che sembra una rasoiata, sul quale nulla può il bravo portiere granata.

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10 Novembre 2013, 15:15

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