Un gol per dire: Dio esiste

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29 Giugno 2009, 00:00

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Quella partita tra Palermo e Bari, in fondo, non contava nulla. La città era sazia della promozione raggiunta, stremata dalle feste dovute a sua maestà la serie A. La gente, in piazza, era impazzita. Perfino i vecchetti di una casa di riposo si erano uniti alle danze, dopo avere creduto che il clamore sotto le finestre fosse dovuto allo scoppio della Terza Guerra Mondiale. Perciò, Palermo-Bari, ultima di campionato al “Barbera”,  era come il dolce alla fine di un sontuoso pranzo. La delizia che arriva quando il palato non ne può più. Era una partita di calcio. Era un affare privato tra un uomo e il cielo.
Quell’uomo aveva promesso a suo padre: “Porterò il Palermo in A”. Ma il padre si era trasferito nella curva nord del Paradiso, prima che la realtà scoccasse gioiosamente sulla promessa. Ora, se certi prodigi accadono, non può essere un caso. Palermo-Bari, un incontro utile alla teologia: la prova dell’esistenza di Dio che si affacciò benevolmente dalle poche nuvole sul “Barbera”, quando l’uomo che aveva seminato una promessa nel cuore di suo padre accarezzò il pallone con lo scarpino e segnò il gol del tre a zero. Poi, indicò il cielo. Dal giorno di Palermo-Bari noi sappiamo due cose. Sappiamo che Tanino Vasari ha mantenuto la promessa, suggellandola con un gol. Sappiamo che Dio tiene sul comodino una infinita sciarpetta rosanero.

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29 Giugno 2009, 00:00

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