Un ‘Suca’ non si nega mai | Ecco il nuovo galateo

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11 Gennaio 2019, 18:19

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Non ho nulla contro la “parolaccia”. Sono convinto che in certi casi sia indispensabile. Rafforza il concetto, gli imprime la spinta necessaria. Peraltro, molte espressioni, chiamiamole colorite, ormai sono entrate nel linguaggio comune. Per noi palermitani, poi, alcune rappresentano semplicemente un rumore, un intercalare che inseriamo nelle nostre conversazioni in modo sostanzialmente automatico. E poi si sa. Il linguaggio è vita, si modifica.

Non è un caso che alcune delle nostre tipiche espressioni, tipo “Suca” e “Minchia” sono state addirittura sdoganate, la prima con una famosa tesi in semiotica, e la seconda assurgendo persino a simbolo artistico (ricordate la “luminaria”?).

Eppure tutti noi sappiamo bene che in certi contesti, le espressioni “disinvolte” non possono essere usate. E credo che nessuno di noi faccia particolari sforzi per non ricorrervi. E’ l’istinto che ci protegge in automatico, una sorta di codice genetico, forse un anticorpo che agisce anche quando ricopriamo certi ruoli sociali. Vedo però che, da qualche tempo questi anticorpi non funzionano più. Prendete il caso del famigerato “Suca” dell’addetto stampa del Comune di Palermo. Il diretto interessato si è scusato e, per quanto mi riguarda, lo considero un peccatuccio veniale da archiviare in fretta.

Però mi sono convinto che la colpa di questo abbassamento delle nostre difese immunitarie sia del web. Una sorta di virus che si sprigiona davanti ad una tastiera, uno schermo, uno smartphone. Agisce in modo insidioso. Funziona come “l’ossigeno quando lo respiri puro, dapprima inebria, poi stordisce” (cit.). Una sorta di delirio di onnipotenza. Il cosiddetto fenomeno dei “leoni da tastiera”. Ho notato che, su scala più grande, produce effetti singolari.

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Tipo il caso di quel tale che ha dato del ‘cornuto’ al sindaco Orlando. Guardate, basta entrare in un bar, o stare in coda all’ufficio postale, per rendersi conto che quella di dare del cornuto al Sindaco è cosa del tutto diffusa. Ma non da ora, eh. Mi sono ricordato che nel ‘77, ai tempi delle manifestazioni studentesche, uno (tra i tanti) slogan che impazzava scandiva “aiutu aiutu aiutu, u Sinnacu è curnutu ” (no, non ricordo chi fosse il sindaco ai tempi, ma è un dettaglio). Eppure, lo sfogo catartico di quel palermitano è stato elevato al rango di “notizia” con tanto di dibattiti, post, commenti, like ed emoticons.

Davvero non so quale altra tangibile prova occorra ricercare a dimostrazione dell’esistenza di questo virus telematico e digitale che si chiama web. Persino Roberto Saviano, punta di diamante dell’intellettualismo nostrano, ne è stato contagiato. Anche a lui è scappata la frizione con quel “pagliaccio” dato a Salvini che è pur sempre un ministro della Repubblica. Qualcuno dovrebbe pur dirglielo. Non voglio essere pessimista, ma temo che questo virus finirà col connotare la nostra intera esistenza se è vero, e lo è, che la strada della digitalizzazione a tutto campo invaderà tutte le varie articolazioni della nostra società.

Tutte.​ Anche il mondo della Giustizia. Un giorno i processi si potranno celebrare da una comoda posizione del Pc. Ci sentiremo tutti più forti e disinvolti nella dialettica processuale. Giudici, avvocati, pubblici ministeri. Già immagino la scena: “Avvocato, ma che minchia di eccezione è questa?” “Suca, Vostro Onore”.

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11 Gennaio 2019, 18:19

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