Verso lo sciopero dell’otto marzo |Le donne incrociano le braccia

di

02 Marzo 2017, 14:12

3 min di lettura

CATANIA – Astenersi dal lavoro produttivo e di cura per segnalare con un’assenza l’importanza di una presenza troppo spesso ignorata. L’otto marzo le donne di quaranta paesi del mondo scenderanno in piazza per partecipare a uno sciopero globale. “Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo” è lo slogan che sarà scandito dalle manifestanti. In Italia la rete “Non una di meno” (di cui fa parte D.i.r.e che raccoglie settantasette centri antiviolenza) è la promotrice della giornata di mobilitazione. Catania non sarà da meno. Nei mesi scorsi, infatti, il centro antiviolenza Thamaia ha promosso lo sciopero a livello locale raccogliendo l’adesione di numerose realtà aderenti al movimento “Non Una di meno”:  il collettivo Rivoltapagina, l’associazione Queers, la chiese Battista e Valdesa, Lila, Genus studi di genere, comitato San Berillo, Sen, il Coordinamento studentesco e Arcigay. Aderiscono allo sciopero anche alcune sigle sindacali: Usl, Slai Cobas, Cobas, Confederazione dei Comitati di Base, Usb, Sial, Cobas, Usi-Ait, Usb, Flc Cgil. In linea con la rete D.i.r.e, quel giorno le operatrici del centro catanese si asterranno dal servizio e non prenderanno parte a nessun incontro istituzionale anche alla luce della mancata approvazione dell’emendamento a sostegno dei centri che rimane una ferita aperta.

La rete ha organizzato due appuntamenti in occasione della giornata internazionale della donna: un presidio alle 10:00 davanti al Tribunale e un corteo alle 18:30 con concentramento in Piazza Dante. Il serpentone colorato di nero e fucsia (i colori ufficiali della mobilitazione) attraverserà Via Santo Bambino, Via Plebiscito, Via Santa Maddalena, Piazza Stesicoro, Via Etnea fino a Piazza Università. Lungo il percorso non mancheranno momenti di lotta dal forte valore simbolico. Questa mattina Anna Agosta del centro Thamaia, la storica Emma Baeri Parisi del collettivo Rivoltapagina e Riccardo Messina dell’associazione Queers hanno illustrato alla stampa i punti salienti della piattaforma politica e della manifestazione. A fare da collante tra le variegate realtà che aderiscono allo sciopero ci sono l’esperienza femminista e il “rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme: oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omo-transfobia”. L’obiettivo dichiarato è la trasformazione della società. Il movimento pone l’accento sulla centralità dei centri antiviolenza nelle azioni di contrasto alla violenza di genere e del metodo femminista di relazioni tra donne dove si mettono in atto percorsi di consapevolezza e chiede la piena applicazione della Convenzione di Istanbul e della legge sull’interruzione di gravidanza, un salario minimo europeo e forme di welfare organizzato a partire dai bisogni delle donne, l’educazione alle differenze e la storia delle donne nelle scuole e una campagna di sensibilizzazione per contrastare l’immaginario mediatico troppo spesso misogino, sessista, razzista e omofobo. Agosta ha sottolineato la centralità dei centri antiviolenza come luogo “di protezione, valorizzazione e riprogettazione della vita delle donne che a fianco delle operatrici intraprendono un percorso di fuoriuscita da quotidiane esperienze di violenza”.

Agosta rigetta la possibilità di istituzionalizzare i centri spogliandoli dell’aspetto politico per fare come con i consultori, trasformati in “meri erogatori di servizi gestiti da figure professionali definite”. Riccardo Messina ha invece spiegato il legame tra femminismo e questione lgbt rilevando la centralità dell’educazione alle differenze nelle scuole come momento primario nella formazione autentica e libera dalle gabbie culturali delle nuove generazioni. La storica Baeri Parisi, invece, ha spiegato il senso dell’astensione dal lavoro di cura. “Rappresentando un’assenza si può sottolineare l’importanza di una presenza”, spiega. E, restando in tema di assenza e oblio, la storica ha svelato una delle azioni di lotta che saranno messe in atto durante il corteo partendo dalla battaglia del suo collettivo contro la cancellazione della storia delle donne intesa come vera e propria forma di violenza. L’idea è di rinominare con una targa le vie catanesi toccate dal corteo rilevando la centralità di alcune figure femminili del passato o di obiettivi del movimento femminista. Il giardino di Via Biblioteca, Via Antico Corso, Piazza Stesicoro, Via Plebiscito e le strade della città lasceranno posto, almeno per una sera, al “giardino Felicia Filomena Cacia, a Piazza Catania liberata dalla violenza, a Via della legge 194, a Via  Lina Merlin”.

Articoli Correlati

 

 

Pubblicato il

02 Marzo 2017, 14:12

Condividi sui social