07 Luglio 2013, 06:15
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PALERMO – Una struttura deserta e in rovina. Sentieri vuoti, quasi spettrali, in cui l’unico suono presente è l’eco degli spifferi di vento che collidono contro porte e finestre ormai fatiscenti. Stanze dimenticate, affogate tra polvere e sporcizia. Depositi nascosti dietro grate arrugginite e tubature ossidate. Porte e finestre divelte. Benvenuti al complesso del Ciapi dove, di giorno in giorno, aumentano l’incuria e il degrado. Benvenuti, cioè, nell’ente che fu il fiore all’occhiello della Formazione regionale siciliana e che oggi versa in condizioni drammatiche. Il Ciapi non esiste più. E’ stato l’esecutivo, infatti, a disporne la liquidazione in Finanziaria.
“Un istituto inutile”, aveva ribadito a più riprese il governatore siciliano annunciandone la chiusura sin dai primi giorni di legislatura. Da una parte dunque una promessa mantenuta, quella di Rosario Crocetta. Dall’altra, un istituto che, oggi, ben si sposa con la nomea di “ente fantasma”. Nelle scorse settimane, il Ciapi, è stato portato alla ribalta della cronaca a causa della bufera scatenata dal cosiddetto ‘sistema Giacchetto’, con relative refluenze penali. Una bufera è scoppiata sul Ciapi che sarebbe stato – secondo gli inquirenti – coinvolto in un meccanismo di favori illeciti. Livesicilia si è recata nei locali della storica sede dell’Addaura per verificare lo stato effettivo dell’immobile.
La struttura, chiusa e apparentemente impenetrabile, è in realtà terreno libero e accessibile a chiunque: balzano istintivamente agli occhi due ampi squarci tra le reti che circondano l’area. Squarci che, se attraversati, conducono in pochi istanti all’interno dell’ex centro di formazione.
La parte esterna si presenta sommersa dai rifiuti. Camminando attorno all’edificio si trova di tutto: dal materiale edile agli scarti di cibo, dai copertoni delle auto a sterpaglie ed escrementi. I depositi presenti all’interno del Ciapi, totalmente abbandonato a se stesso, si presentano “nudi”, senza alcuna barriera, e la zona rischia pertanto di diventare una fragile valvola di sfogo per i vandali e per i ladri di rame e di ferro. Atti che in realtà, secondo quanto fanno sapere i residenti delle aree limitrofe, sono già accaduti a riprese sparse.
Giallo nel giallo, infine, quello riguardante la proprietà dei locali in cui sorge il Ciapi. Un rimbalzo tra l’associazione dei padri vocazionisti che ne attribuiscono la competenza alla guardia costiera e la stessa capitaneria di porto che, contattata telefonicamente, nega ogni coinvolgimento. A chi spetta dunque la decisione sul futuro della struttura? Ai posteri l’ardua sentenza.
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07 Luglio 2013, 06:15