14 Marzo 2020, 12:44
1 min di lettura
PALERMO– L’avevamo già incontrata Serena, infermiera valorosa di Villa Sofia (LEGGI QUI), per raccontare la sua storia in tempi in cui i disagi erano seri, ma il peggio doveva ancora arrivare. Serena che non si chiama così e sceglie un altro nome per pudore. Perché vuole dire le cose che devono essere dette, senza personalizzare, come se la sua fosse la voce di tanti.
Serena c’è, nella trincea in cui, con i suoi colleghi e con i medici e con tutto il personale sanitario, si combatte una battaglia mai vista. E scrive, con una grafia raddolcita su un quaderno a quadretti, in un momento di pausa: “C’è questo silenzio surreale, pochissime macchine, la gente che si scansa…”. Ma non è una lamentela. L’infermiera Serena sa e lo ribadisce che si tratta di misure necessarie, anche se resta lo sgomento di chi vede stravolta la propria vita.
E scrive ancora: “Abbiamo paura? Certo che abbiamo paura. E ognuno di noi reagisce a suo modo. Ma se mi viene da scappare, faccio un passo in avanti. Mi mantengo razionale, controllo le mie procedure per eventuali errori. Se mi viene da rifiatare, mi ricordo subito che presto assistenza, che devo esserci. Non siamo eroi, siamo persone che hanno un preciso compito. Mancano i mezzi e ci siamo organizzati. Manca il personale e abbiamo intensificato i turni. E nel frattempo abbiamo pianificato la vita dei nostri cari. Il disagio è di tutti. Ma è di tutti anche la certezza che, un giorno, tutto questo finirà”.
Pubblicato il
14 Marzo 2020, 12:44