17 Gennaio 2018, 13:02
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PALERMO – “Il Tribunale di Palermo non può processare lo Stato, processi pure la mafia. Nel comportamento della Procura ci sono profili eversivi”. Così Vittorio Sgarbi, assessore ai Beni culturali in Sicilia, introducendo nella sala “Piersanti Mattarella” dell’Assemblea siciliana, il docu-film dal titolo “Generale Mori – Un’Italia a testa alta” di Ambrogio Crespi, alla presenza del generale Mario Mori e del colonnello Giuseppe De Donno, entrambi imputati per la trattativa Stato-mafia.
“Non è una provocazione, ma un tentativo di ristabilire la verità”, gli ha fatto eco Gianfranco Miccichè nel difendere la scelta di avere dato il via libera all’iniziativa dell’assessore Sgarbi di proiettare a palazzo dei Normanni il docufilm. È la figura di Mori il nodo cruciale della questione. Un nodo che ha fatto gridare allo scandalo alcuni politici siciliani, da Giancarlo Cancelleri a Fabio Granata secondo cui Miccichè non avrebbe dovuto prestare l’aula intestata a Piersanti Mattarella per celebrare un imputato.
Mori Infatti è sotto processo a Palermo perché sarebbe stato l’uomo chiave della presunta trattativa tra la mafia e rappresentanti delle istituzioni. Miccichè non ha alcun dubbio. Ritiene che Mori sia innocente e che a lui vada detto grazie per tutto il lavoro svolto in questi anni al servizio dello Stato. Anzi, secondo il presidente dell’Assemblea regionale siciliana la proiezione del docufilm potrebbe essere un primo importante tassello di quella ricostruzione storica necessaria per spazzare via gli “gli imbrogli” così li definisce, nella speranza che prima o poi “uno scrittore onesto racconti la verità di quegli anni”.
Nessun intento polemico o provocatorio, dunque.Il tema, però, di per sé è già fortemente provocatorio punto. La conferma arriva appunto dalle parole dell’assessore Sgarbi che inizia in sordina ma finisce per trasformare il suo intervento in un attacco. Sgarbi tira in ballo la procura di Palermo e i pubblici ministeri che sostengono l’accusa al processo trattativa. Non gli piace affatto il loro tentativo di “distinguere i buoni dai cattivi”. Poi, l’affondo “a Palermo è in corso una discussione dello Stato, vedo contorni eversivi. Non si può processare lo Stato.
“Il processo Trattativa – prosegue Sgarbi – considera eroi Scotti e Martelli e cattivi Scalfaro e Mancino. Sul banco degli imputati i pm hanno messo pure Napolitano. Due presidenti della Repubblica, un fatto gravissimo. Ho querelato il fratello di Borsellino che ha detto che Napolitano era garante del patto Stato-mafia. Io voglio fatti non ricostruzioni. Il coinvolgimento di Scalfaro da morto mi pare un attacco allo Stato Il pm della Trattativa e oggi politico, Antonio Ingroia, ha detto che nelle telefonate di Ingroia non c’era nulla”. Sgarbi critica anche i 5 stelle: “Fanno di Di Matteo (Antonino Di Matteo, uno dei pm del processo ndr) un eroe politico, danneggiandolo”. La verità, conclude, è che “questi due, Mario Mori e Giuseppe De Sonno, sono degli eroi. Ed invece hanno subito, come Bruno Contrada, una tortura giudiziaria. Dallo Stato hanno avuto ingratitudine e violenza”.
In sala Mattarella è intervenuto anche l’avvocato e consulente di Sgarbi, Giuseppe Arnone, che ha distribuito un libro contro la procura di Agrigento: “Chiedo a Pietro Grasso di candidarmi nell’uninominale contro Marco Campione, sono l’unico vero uomo di sinistra. Sono stato arrestato ingiustamente”. Se la prende con i magistrati che hanno sequestrato un libro denuncia sull’ex ministro Angelino Alfano, con il procuratore agrigentino Ignazio Fonzo e con i magistrati di Palermo “che si occupano di archeologia” mentre altre indagini verrebbero “insabbiate”.
Miccichè è costretto ad intervenire per interromperlo: “Non puoi attaccare tutto e tutti in un luogo istituzionale. Stiamo mostrando um docufilm su Mori”. Arnone reagisce: “Allora hai paura?”.
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17 Gennaio 2018, 13:02