Caro ex Pip, ti scrivo - Live Sicilia

Caro ex Pip, ti scrivo

Il caso delle assunzioni promesse
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Caro ex Pip, una volta avevi un nome. Poi ti hanno dato una sigla, una gavetta per un rancio immaginario e una speranza fasulla. Da allora sei niente, sei creta nelle mani della politica peggiore che c’è: la politica siciliana. La precarietà del lavoro in Sicilia non è una disgrazia né una fatalità, è una scelta ponderata che permette il controllo dei voti e l’elezione di personaggi biechi che sfigurerebbero perfino in galera. Non è colpa tua, ex Pip. Tu sei la  sigla che ha preso il posto di un uomo e della sua libertà. Sei la bandiera ammainata, sei l’emblema di disoccupati e respiri a termine in cerca della benedizione di un posto e in questa veste ti scriviamo. Qualunque sia stata la tua strada, dispersa in mille rivoli dai tuoi padroni,  sei con gli altri, confuso in una moltitudine di storie diverse,  la faccia triste della stessa storia. Sei lo sfruttato con l’esistenza al monte dei pegni, sei la recluta nelle mani di un caporale cattivo, sei la benzina di certe carriere istituzionali assai poco cristalline.

Ci conosciamo, affamato e taglieggiato palermitano senza sicurezza sociale. Abbiamo iniziato a frequentarci tempo fa, anche se non rammento bene la tua sigla di allora. Io ero un “biondino”, un cronista alle prime armi e il Giornale di Sicilia mi pagava pochi spiccioli per frequentare e raccontare i cortei di cercalavoro che attraversavano Palermo. Un rischio, una benedizione per imparare il mestiere. E mi imbattevo in vicende assurde, in frammenti maciullati di gente sfruttata. Sono cambiate le facce dei politici, talvolta, quelle dei disgraziati mai. Rimangono uguali.  Il meccanismo è lo stesso. In quei cortei c’era una specie di dolente e selvaggia umanità. Qualche volta tradivo il mio dovere di cronista e parteggiavo per i dimostranti, nonostante il mio giornale di allora tifasse per gli automobilisti imbottigliati nel caos dalle manifestazioni. Mi sembrava giusto perfino il blocco del traffico, perchè in trincea c’era il dramma di persone col destino bloccato. Poi capii il resto: c’erano anche furbizia e calcolo, c’erano raccomandazioni e lati oscuri pure dal lato apparentemente più debole della barricata. C’era la corsa all’assistenzialismo senza responsabilità.  Furono una scuola formidabile quegli anni per chi avesse occhi per vedere. Il sistema del ricatto del potere via lavoro si dispiegava con estrema chiarezza come la compravendita di voti e consensi. Nessuno dei signori politici poteva dirsi immune. Ognuno aveva la sua clientela, la sua guardia reale di precari. E i servi si presentavano a legioni.  Oggi è diverso?

Purtroppo a Palermo e nei dintorni non ci sono solo i disoccupati o i precari organizzati e storici. Ci sono i laureati sminuzzati. Ci sono i diplomati a spasso. Ci sono carriere potenziali che trovano l’ingresso della sopravvivenza già occupato da una consorteria ostile. Perciò, caro ex Pip, quando rivendichi i tuoi diritti innegabili, non dimenticare i diritti degli altri che scontano l’infelice colpa dello studio e della preparazione. Siamo tutti sotto lo stesso cielo precario, carne da call center quando va bene.

Chissà se questa vicenda degli ex Pip e della assunzioni, di cui ci stiamo abbondantemente occupando, manterrà le sue fosche promesse. A prima vista – aspettando maggiore luminosità – parrebbe la classica trama basata sul meccanismo oliatissimo e noto: disperazione più bisogno di molti uguale consensi per pochi.
A prescindere dal risultato specifico, resta comunque la morale di sottofondo come dice Pino Apprendi. Ci sono catene che nessuno spezza, ci sono storture che nessuno raddrizza. E se una piaga purulenta viene a galla è sempre colpa del giornalista “perturbatore” di turno, del suo coraggio, della sua voglia di mostrarla nuda.
Ma tu, ex Pip,  o come ti chiami, tu che credi di essere il padrone perché vai, picchi,  e fai casino,  non ti sei stancato di vivere prigioniero, al guinzaglio? Sei lo schiavo cieco di una sigla. Non ne hai abbastanza?

Ps. O magari, in certi casi, ti conviene?

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