Caro sindaco, non accettare | i regali del feroce saladino - Live Sicilia

Caro sindaco, non accettare | i regali del feroce saladino

"Un tale Zamil Al Zamil le avrebbe offerto due miliardi di euro, tanti, benedetti e subito, in cambio della costruzione di una moschea nella nostra città. Ho saputo che la terra di Zamil non spiccherebbe per liberalità. Non mi dica, la prego, che “ogni acqua leva ’a siti”.

Orlando e lo sceicco del Bahrain
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Pregiato sindaco Leoluca Orlando,

Dio sa (o forse sarebbe opportuno dire Allah, e si vedrà perché) se l’ho votata alle ultime elezioni cittadine. E a occhi chiusi: memore della storica Primavera palermitana, fiducioso in un ritorno di una bella stagione degna di allora.

Illuminato Orlando, sindaco, sa Dio (o forse potrei scrivere Allah, e il perché lo leggerà tra poco) se ho esultato nel vederla vittorioso. Nello scorgere, appena pochi giorni dopo la sua elezione qualche operaio Gesip al lavoro, e proprio sotto casa mia (ne ho pure scritto da queste parti); come se la fiducia che le avevo accordato avesse ricevuto la prima ricompensa. Non fraintenda, niente di utilitaristico: lungi da me il sottintendere prebende che fra l’altro lei non avrebbe motivo di concedermi. Non mi aspettavo altro che profumo di terra fresca e di germogli appena innestati: l’aroma di un marzo anticipato. Dopo l’era cammaratiana, mi sono detto felice di riavere un sindaco con l’oggi in pugno e i lustri del passato palermitano in biblioteca. Un primo cittadino che sapesse come ben disporre il domani sulle basi di un solidissimo ieri, sfaccettato e prezioso, rossore del resto del mondo, miele delle culture al di là del mare: spagnolo, francese, inglese.
Arabo.

Carissimo sindaco Orlando Leoluca, Dio mi è testimone (e forse pure Allah) se ho avuto più di un motivo, leggendo le cronache che hanno seguito l’inizio del suo mandato, per sentirmi “preso dai turchi” – come vuole un antico e nobile detto del volgo – e nel sospettare che a essere preso dai suddetti non ero soltanto io, ma anche lei. L’ultima “pigliata di bella” è stata quella di aver appreso che un tale Zamil Al Zamil, sceicco del Bahrain, le avrebbe offerto due miliardi di euro, tanti, benedetti e subito, in cambio della costruzione di una moschea nella nostra città. All’inizio ho creduto in uno scherzo. Poi ho visto la foto in quel di Palazzo delle Aquile (blindato): lei, lo sceicco, la ghuṭra, i sorrisi in macchina, la mano nella mano. Se non fosse stata un’istantanea – mi perdoni, sindaco – avrei detto che si trattasse di una vignetta.

Stimatissimo sindaco Orlando, mi sono documentato online sulle ultime dal Bahrain, attività nella quale lei, da uomo dotato di iPad e pratico del web qual è, riporrà una discreta dose di fiducia. Ho saputo che la terra di Zamil non spiccherebbe per liberalità. Le voci dissidenti, da quelle parti, farebbero la loro regolare comparsa sui banchi dei tribunali e, quando ciò non accade, sarebbero messe a tacere con altri metodi – lacrimogeni e strumenti di repressione anche più letali in piazza, al punto da sollevare i mugugni delle associazioni internazionali che si occupano dei diritti dell’uomo – lontani dal mio (e suo) modo di vedere la “normalità” tanto invocata per Palermo.

La invito dunque a riflettere: due miliardi non sono bruscolini e ci vorrebbero come la pioggerella di primavera. Però sarebbe bene che fosse rugiada pulita agli occhi del resto del mondo. E non mi dica, la prego, che “ogni acqua leva ’a siti”.


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