L’elezione diretta dei sindaci, introdotta nel 1993, ha avuto anche l’effetto di personalizzare la politica, rendendo il primo cittadino il detentore di ogni merito e il parafulmine di ogni problema. La città è sporca? Colpa del sindaco. Troppi scippi? Colpa del sindaco. Piove? Sì, sempre colpa sua.
Come è pregio di un amministratore se un cantiere viene concluso in tempo o se arrivano fondi che verrebbero stanziati comunque. E’ quindi facile sovrapporre il nome di un sindaco a una stagione politica, ai successi e agli insuccessi, al di là degli effettivi meriti o demeriti. E il capoluogo siciliano non fa eccezione.
Tre sindaci
Guardando al recente passato, sono tre i sindaci che hanno governato Palermo. Leoluca Orlando a più riprese, poi Diego Cammarata, poi di nuovo Orlando e infine Roberto Lagalla. Periodi diversi, vissuti in condizioni economiche e politiche differenti perché l’Italia di oggi non è quella degli anni Novanta, così come la città.
La Palermo della Primavera, della rivolta contro la mafia, occupa con pieno diritto un posto d’onore nei libri della storia locale. Una città capace di reagire alla violenza della criminalità che la appestava, di riscoprire l’orgoglio di un cambiamento possibile, di ribaltare gli schemi tradizionali della politica. Orlando è riuscito, meglio di tutti, a identificarsi con Palermo e con l’immagine di una comunità finalmente libera dal malaffare e avviata a una “normalizzazione”.
L’epoca Cammarata
Poi è stata la volta di Diego Cammarata, eletto alla fine del 2001 sfruttando l’onda lunga del consenso di Forza Italia in Sicilia. Era l’epoca del 61-0, del berlusconismo dilagante, di un centrodestra capace di macinare voti che conquistò facilmente Palazzo delle Aquile.
Una stagione che continuò con la rielezione nel 2007, seppur con un epilogo assai diverso. Le turbolenze della maggioranza resero poco facile la vita al sindaco che si dimise con qualche mese di anticipo, all’inizio del 2012, lasciando il campo a un commissario.
Il taglio dei trasferimenti
Ma a guastare i piani fu anche il taglio di decine di milioni di euro ai trasferimenti statali che mise in ginocchio il bilancio del Comune. Di fronte alla sforbiciata voluta dal ministro Giulio Tremonti, Cammarata aveva due strade: mandare in dissesto la città o tagliare quel che si considerava fino a quel momento intoccabile, cioè la Gesip, una delle partecipate utile anche ad assorbire l’esercito dei precari.
Il sindaco scelse la seconda strada, sacrificando parte del suo consenso, riuscendo perfino a ottenere un avanzo di amministrazione di 23 milioni che toccò al successore certificare, con una delibera firmata dall’ex generale Ugo Marchetti.
La conseguenza però fu l’avvio di una vertenza lunga anni; non andò meglio all’Amia, dichiarata dopo qualche tempo fallita, o all’Amat che vantava crediti per decine di milioni di euro.
In quel decennio si avviarono anche alcuni grandi progetti che videro la luce anni dopo (come il tram o il waterfront) o si fermarono a causa dei fallimenti delle imprese (dal raddoppio del Corleone al sottopasso Perpignano e allo svincolo di Brancaccio).
Risultati resi possibili anche da un feeling personale col Cavaliere che consentì al sindaco di ottenere per la città ingenti finanziamenti, sino alle ordinanze di protezione civile per la Gesip, ma l’epilogo di quell’esperienza fu poco esaltante, al punto di oscurare anche alcuni innegabili meriti.
Il ritorno di Orlando
Nel 2012 Orlando riuscì in un’impresa complicatissima, tornando per la terza volta sulla scena. E se è vero che godeva di una maggioranza bulgara, praticamente un monocolore Idv appoggiato dalla sinistra, è anche vero che si ritrovò con una pattuglia di consiglieri per lo più inesperti, una giunta tecnica e isolato politicamente a livello sia regionale che nazionale.
Il Professore, politico navigato, riuscì a offrire l’immagine di un’amministrazione comunale attenta ai problemi e decisa a risolverli, anche oltre le effettive possibilità. Il primo mandato vide l’approvazione di importanti strumenti di pianificazione come, per fare qualche esempio, lo schema di massima del Piano regolatore, il Piano del demanio marittimo, il Piano del traffico che si rifaceva a quello avviato in precedenza, i Prusst, il forno crematorio (ma realizzato solo otto anni dopo).
Le pedonalizzazioni
Orlando ha puntato sulle pedonalizzazioni, difendendole davanti alle prime proteste come nel caso di via Maqueda o di piazza san Domenico, e valorizzato al meglio il percorso Unesco, Manifesta o il titolo di capitale italiana della cultura.
Discorso a parte va fatto sulla Ztl, tranciata dal Tar e che non è servita a finanziare il sistema del tram che ha rappresentato una palla al piede per l’Amat, mentre i cantieri “infiniti” dell’anello e del passante (seppur non per colpa del Comune) sono stati una spada di Damocle che ha eroso consensi. Così come il tappo di viale Regione o i restringimenti sul ponte Corleone. La nascita di Reset e Rap ha consentito di salvare i posti di lavoro, ma la gestione dei rifiuti è rimasta un problema e gli “eredi” della Gesip hanno pagato dazio (gli unici nel mondo delle partecipate palermitane).
Tra gli insuccessi più clamorosi, poi, non si può dimenticare l’emergenza al cimitero dei Rotoli, con centinaia di bare accatastate e rimbalzate sulle testate nazionali.
Un decennio anche questo dall’epilogo poco felice: le nuove norme sulla contabilità costrinsero ad accantonamenti per centinaia di milioni di euro e alcune scelte non fecero altro che rimandare il problema.
Alle fine i conti andarono gambe all’aria, costringendo il Professore a optare per un piano di riequilibrio lacrime e sangue fatto di spesa bloccate e tasse in rialzo, una ferita per la narrazione orlandiana.
L’era Lagalla
Nel 2022 inizia l’era di Roberto Lagalla, chiamato a indossare la fascia tricolore di una città con i conti in rosso, la differenziata al lumicino, gli autobus ridotti e le salme in attesa di sepoltura. L’ex rettore ha avuto il merito, grazie anche alla sponda romana, di alleggerire le conseguenze economiche e di riportare decoro al camposanto di Vergine Maria.
Un bilancio in attivo accompagnato dall’azzeramento dell’anticipazione di tesoreria e dalle assunzioni di funzionari e dirigenti, oltre alla riattivazione delle manutenzione degli impianti sportivi. I fondi del Pnrr hanno consentito di avviare numerosi cantieri e i fondi stanziati per rifare le strade stanno iniziando a dare i primi frutti.
Problemi e percezione
Ma la percezione della città tiene conto più delle strade sporche o degli autobus in ritardo, che dei successi contabili. Perché i problemi e le cose da sistemare, in termini di riqualificazione, sono tanti. La questione della sicurezza è alla ribalta. Gli ultimi posti nelle classifiche di gradimento hanno fatto suonare qualche campanello d’allarme e il sindaco ha quindi avviato una seconda fase, decisa a comunicare di più e meglio.
Il porta a porta a Mondello è stato un primo passo, a cui dovrebbero seguire miglioramenti sia sul fronte dello spazzamento che delle potature.
Il nodo più grande resta però quello politico: Orlando ha dimostrato di sapere destreggiarsi senza i partiti e di non farsi mettere nell’angolo, mentre Lagalla dovrà fare i conti con uno sfondo politico non semplice e con il progetto di Grande Sicilia. O di quel che ne resterà.

