PALERMO – Si erano trasferito a vivere a Milano, ma è a Palermo, quartiere Arenella-Acquasanta, che è radicato il loro potere.
Giovanni Fontana e la sorella Rita, figli del capomafia Stefano, deceduto da alcuni anni, finiscono in carcere in un blitz del Nucleo di polizia economica-finanziaria della finanza di Palermo, in collaborazione con lo Scico di Roma (Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata) e il Gruppo di Milano, coordinato dalla dai sostituti procuratori di Palermo Dario Scaletta, Amelia Luise e dall’aggiunto Salvatore De Luca.
Le persone arrestate sono sei e si occupavano di gestire affari. Il principale era la produzione e distribuzione di caffè. Sotto sequestro finiscono la Cafè Moka Special e la Masai Caffè, che piazzavano sul mercato il prodotto con marchio Masai. Le imprese hanno sede nella borgata di Partanna Mondello.
Quello dei Fontana è uno storico potentato della mafia palermitana. Nonostante gli arresti e i sequestri, i Fontana hanno mantenuto il potere e hanno differenziato gli investimenti con i soldi sporchi accumulati con le estorsioni e la droga. In questo caso avrebbero puntato su un imprenditore non mafioso, Gaetano Pensavecchia, ma consapevole di essere in società con i boss. Talmente consapevole da dire, intercettato: “La maledizione del Signore è che siamo in società con questi”. Un’alta volta diceva “ogni zona ha il suo parino” Completano l’elenco degli arrestai Filippo Lo Bianco, Michele Ferrante e Domenico Passarello.
Nelle scorse settimane a Gaetano Fontana, fratello di Giovanni e Rita, è stata sequestrata una gioielleria nel quadrilatero della moda di Milano. Ora tocca alle imprese del caffè, settore parecchio remunerativo, dove Giovanni Fontana aveva investito centinaia di miglia di euro. Come hanno scoperto i finanzieri guidati dal colonnello Cosmo Virgilio, i Fontana avevano trovato un insospettabile prestanome. Facevano gli imprenditori mentre lavoravano nello studio di un commercialista milanese.