Il pentito incastra i Santapaola |Porto: "Ecco tutti i nomi" - Live Sicilia

Il pentito incastra i Santapaola |Porto: “Ecco tutti i nomi”

I retroscena dell'operazione Jungo eseguita dai carabinieri con il coordinamento della Dda etnea.

CATANIA – C’è un collaboratore di giustizia, Carmelo Porto, che ha ricostruito la mappa dei fiancheggiatori del clan Ercolano – Santapaola nella provincia di Catania, fornendo un contributo importante all’inchiesta Jungo, eseguita dai carabinieri che hanno arrestato 46 persone FOTO DEGLI ARRESTATI

Porto inizia a collaborare nel giugno del 2019, dopo aver militato a lungo agli ordini di Giovanni Cintorrino, ucciso e del fratello Antonino Cintorrino, detenuto all’ergastolo al 41 bis, già alleato con Salvatore Cappello, spostando gli equilibri della mafia etnea e garantendo, così, autonomia operativa su Calatabiano e su tutta l’area ionica, come hanno ricostruito il Gip Giuseppina Montuori e il sostituto procuratore Giuseppe Sturiale.

Nel 1995 Porto diventa il reggente del clan e per gli inquirenti “ha reso dichiarazioni fondamentali per quanto concerne i reati commessi dagli odierni indagati, effettuando anche numerosi riconoscimenti fotografici degli stessi”.

Ecco tutte le accuse del collaboratore Porto, nome per nome.

U CINISI – Il pentito inizia ricordando l’incontro con una persona che accompagnava Marco Condorelli a Calatabiano. “Io – dice Porto – avevo comprato due chilogrammi di marijuana da Pippo Andò “u cinisi”, che riconosco alla foto numero 3, e questi me li fece avere tramite Marco Condorelli che venne a portarmeli con il soggetto raffigurato alla foto n. 1. Il trasporto è avvenuto nel 2019 prima che il Condorelli venisse arrestato. Questa partita di marijuana fu pagata 1.500 euro al chilo. Il denaro ebbi a consegnarlo a Marco Condorelli che lo fece avere a Pippo Andò”.

Ma chi è Condorelli? “Un appartenente al clan Brunetto e fa capo a Carmelo Olivieri che è cugino di Giuseppe Andò e, dato che il soggetto di cui al numero 1 si accompagnava al Condorelli, ho ritenuto che anch’egli facesse parte del clan. Il traffico di droga veniva posto in essere dal Condorelli per conto del responsabile del clan Carmelo Olivieri”.

INCONTRO IN CARCERE – Porto parla di Pippo Andò, che conosce da più di 10 anni. “Ci siamo incontrati diverse volte, anche in carcere. Carmelo Oivieri è detenuto per cui, quando Andò fu scarcerato, olivieri lo mise come responsabile del clan Brunetto-Santapaola a Giarre. Andò vende frutta e verdura all ‘ingresso di Giarre, zona Trepunti, con un autocarro, ed è solito fare incontri con altri esponenti del clan nella piazza in cui staziona di solito, si occupa di estorsioni, droga, appalti etc…”.

“PANETTONE” – Porto riconosce in foto Carmelo Caminiti, detto “Panettone”, “responsabile per i paesi etnei di Castiglione di Sicilia, Francavilla, Mojo, del clan Brunetto, il quale è stato un uomo di fiducia di Paolo Brunetto. Il Caminiti aspirava a divenire anche responsabile per Fiumefreddo di Sicilia ma, essendo sorvegliato speciale, era per lui rischioso frequentare il territorio di Fiumefreddo. Si occupa, tra l’altro, di estorsioni e appalti anche nei comuni in cui è responsabile. Ricordo che una settimana prima che mi arrestassero mi sono incontrato con lui, Pippo u cinisi, ed ilfratello di Luca di Giarre, tutti appartenenti al clan Brunetto, per un’estorsione”. “Caminiti – aggiunge il collaboratore – è un grosso trafficante di droga del tipo marijuana, di cui viene rifornito da soggetti albanesi. Prima che mi arrestassero il Caminiti mi disse anche che era in attesa di avere consegnata una grossa partita di marijuana che avrebbe potuto vendermi”.

IL SUMMIT – Porto parla a lungo di Carmelo Olivieri, “responsabile della famiglia Brunetto, anche se detenuto. Tra ilfebbraio e l ’aprile del 2014 mi sono incontrato con lui, In questo summit ci siamo divise le attività illecite nei paesi; ad esempio per le estorsioni si doveva fare in modo di “sistemarle” assieme e dividere i proventi. Stessa cosa per il traffico di stupefacenti, ossia ogni clan aveva le proprie piazze di spaccio e si doveva fare in modo di non darsifastidio a vicenda. Il secondo incontro con Olivieri avvenne a Calatabiano …..omissis……; in tale occasione l’Olivieri venne a reclamare in quanto Luigi Franco in un’intercettazione aveva fatto anche il nome di Olivieri ed erano stati arrestati, oltre al Franco (poi dopo poco scarcerato), anche tale Zazà, soggetto molto robusto appartenente al Clan Brunetto e Salvatore Brunetto. Io cercai di far calmare l ’Olivieri in quanto non poteva permettersi di venire nel mio paese pretendendo di trattare male Luigi Franco, che era un nostro affiliato. L’incontro avvenne credo nel periodo estivo”.

RELAZIONI PERICOLOSE – Porto parla anche dei rapporti con i catanesi della famiglia Ercolano Santapaola, ricordando che Olivieri, “faceva riferimento a Giovanni Comis ed a Melo Salemi, figure apicali del gruppo di Picanello. Anche dal carcere l’Olivieri impartisce direttive”.

IL FRATELLO – Il collaboratore accusa anche Leo Patanè, fratello di Alfio, “fa parte con il fratello Alfio del gruppo mafioso dei Brunetto. Faceva riferimento a Turi Brunetto ma, essendo questi detenuto e tossicodipendente, è Olivieri la figura di riferimento del clan anche a Fiumefreddo di Sicilia, paese in cui stanno i Patanè. Leo Patanè è uno spacciatore di cocaina e so che spaccia anche assieme al Condorelli e ad altri soggetti di Fiumefreddo di Sicilia. Recentemente si è rifornito di cocaina da …omissis… che a sua volta la comprava da me”.

LE MANI SUI RIFIUTI – Porto fa il nome di un pezzo da novanta della mafia, Pippo Garozzo detto “U maritatu”, in rapporti con “Roberto Russo di Fiumefreddo e i Tancona”. Russo “si occupava della gestione dei rifiuti in vari comuni tra cui Calatabiano e altri comuni e operava insieme a Guglielmino. Russo all’epoca si appoggiava al nostro Clan Cintorrino in quanto affiliati al clan Cappello”.

RECUPERO CREDITI – Gli inquirenti hanno omissato le dichiarazioni di Porto su un episodio di recupero crediti, al momento non viene individuato il “mandante”, quello che è certo è che il collaboratore punta il dito contro Cateno Musumeci, detto Catino, “appartenente al clan brunetto Santapaola”.

Le sue dichiarazioni sono state riscontrate da quelle degli altri collaboratori: Santo La Causa, Antonio D’Arrigo, Gaetano Mario Vinciguerra, Carmelo Navarria, Antonino Prezzavento. Ne è venuta fuori la mappa dell’intera organizzazione criminale.


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