CATANIA – I Santapaola di Riposto avrebbero avuto qualche “coinvolgimento” e interesse nelle ultime elezioni comunali. Lo scrive nero su bianco il gip nelle pagine dell’ordinanza che ha fatto finire in manette lo zoccolo duro del gruppo di Cosa nostra che opera nella fascia jonica.
Alcune intercettazioni tra indagati hanno aperto questo sospetto che però al momento non ha portato riscontri investigativi. Ma le indagini proseguono. Anche nell’inchiesta Jungo, i carabinieri hanno scovato i pizzini in cui il clan aveva censito l’intero quartiere popolare di Giarre in base alle sezioni elettorali.
I dialoghi intercettati ad ottobre 2017 dei gregari dei Santapaola di Riposto, Andrea Sapienza e Liborio Previti, “mettono in luce l’effettivo interessamento mafioso nella competizione elettorale – scrive il giudice – oltre alla consapevolezza dei sodali di poter conseguentemente incidere sulle scelte dell’amministrazione comunale”.
L’argomento è quello di spingere al fine di far sparire telecamere e microspie da una relativa zona di Riposto. “Il prossimo sindaco che sale… mbare, vuole i voti? deve fare la bonifica di tutte cose. Giusto oppure no?”
E ancora: no, mbare, ci devono fare la bonifica. Se loro vogliono i voti ci devono fare la bonifica, non ti seccare! Perché non prendono neanche un voto, non prendono neanche un voto, mbare! Pezzi di merda!
Ad un certo punto Sapienza vuole coinvolgere anche il capo clan, Benito La Motta indicato come Iddu. “No, oggi glielo dico anche a IDDU se ci vado. Gli dico: se vogliono i voti devono fare la bonifica delle telecamere all’Immacolata”.
Un quartiere, quest’ultimo, in cui “ricade – annotano gli investigatori – sia l’abitazione di Previti che quelle di Sapienza e di La Mott”a.
Il 12 dicembre 2017, nel piccolo centro ionico di Riposto, Benito La Motta, ritenuto il reggente dei Santapaola della zona, commenta la notizia delle lettere minatorie arrivate, senza alcun francobollo, nelle stanze inaccessibili del Comune. Missive con minacce esplicite all’indirizzo del sindaco Enzo Caragliano e dell’allora assessore comunale e pianista Gianfranco Pappalardo Fiumara. Un dialogo con il fidatissimo nipote Antonino Falzone, che è finito nelle carte dell’inchiesta Iddu scattata ieri.
La Motta: si stanno mangiando tutto il comune qua! lo lo butto giù, gli ho detto, con queste barzellette finiamola. Stavo leggendo il giornale ora, quando mi hai chiamato tu, stavo leggendo un articolo. Chi si può mettere qua, nella stanza del sindaco, chi ci può andare?
Falzone: ah! che gli hanno messo quella lettera La Motta: certo! Gli ho detto: che facciamo, scherziamo?
Falzone: tra di loro, buffonate
La Motta: tra di loro. Questo qua sa cose, no lui, l’altro
Falzone: no, siccome ci sono le elezioni, lo fa apposta il sindaco, a tipo che lui, a tipo che lo minacciano …
La Motta: tu dici che lo ha fatto apposta lui? Aaaaa, minchia, dobbiamo passare un attimo da là, Nino, …
Pare che anche i mafiosi inizino ad nutrire dubbi.