Pronto soccorso, ambulanze in attesa: un altro giorno di sofferenza

Pronto soccorso, ambulanze in attesa: un altro giorno di sofferenza

Cinquantasei, ecco il numero che fa paura perché, nel nostro resoconto periodico, non si era mai visto.
CORONAVIRUS A PALERMO
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PALERMO Cinquantasei, ecco il numero che fa paura perché, nel nostro resoconto periodico, non si era mai visto. Cinquantasei, infatti, all’una meno un quarto, sono le persone assistite al pronto soccorso dell’ospedale ‘Civico’ che, di fatto, ospita soprattutto pazienti Covid con un tasso di sovraffollamento del 186 per cento.

Un altro giorno di sofferenza

La situazione, nel dettaglio, è questa. Nel momento in cui viene registrato il dato, al pronto soccorso del Civico ci sono quindici ‘codici rossi’, cioè malati gravi e a rischio, di cui quattro in trattamento e undici in osservazione. Ci sono anche cinque ambulanze fuori, con persone che vengono curate a bordo. I codici gialli, casi gravi, ma non in pericolo imminente di vita, sono trentaquattro: due pazienti in attesa, quattordici in trattamento e diciotto in osservazione. Complessivamente la struttura ha quattro pazienti in attesa, ventidue in trattamento e trenta in osservazione.
L’alto afflusso condiziona la capacità operativa del personale sanitario che si fa in quattro per soccorrere tutti. Non la stiamo conoscendo adesso la sanità siciliana con i suoi problemi e le sue incrostazioni. Un’inattesa pandemia ha approfondito le sue criticità, già evidenti in ‘tempo di pace’. Anche il pronto soccorso Covid del ‘Cervello’ è quotidianamente preso d’assalto, sotto il peso della seconda ondata. Mentre scriviamo, i pazienti presi in carico sono trentanove, di cui otto in attesa.

“Quel padre in lacrime”

Proprio ieri, il dottore Massimo Geraci, primario del pronto soccorso del Civico, ha offerto uno spaccato crudo e toccante di quello che succede nelle corsie, parlando di “un paziente di quarantacinque anni, sistemato nello spazio che abbiamo ricavato per la semi-intensiva. Si collegava in video-chiamata con i suoi figli e non riusciva a trattenere le lacrime, per il respiro corto, per la paura. Erano i figli ad incoraggiarlo: ‘Forza, papà, non mollare!’, gli dicevano. E veniva voglia di condividere con lui, come con tutti, il momento”. Non poteva mancare un passaggio sui cosiddetti negazionisti: “Mi sembra incredibile che ci sia chi pensa che tutto questo sia un complotto, una costruzione e che gli ospedali non siano pieni. Ma non possiamo soffermarci su questo, abbiamo altro da fare”.


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