PALERMO – In Sicilia ci sono più pensioni che lavoratori attivi. I dati diffusi dalla Cgia di Mestre fotografano una realtà che rischia di diventare strutturale e che segue a ruota la tendenza in negativo delle altre regioni del Sud Italia.
I dati
Nel 2024, nel Mezzogiorno, a fronte di 7,3 milioni di pensioni pagate, si contano appena 6,4 milioni di occupati. La Sicilia, purtroppo, non fa eccezione. Con un’elevata presenza di trattamenti assistenziali e di invalidità, l’Isola si colloca tra le regioni più “squilibrate” del Paese.
Le province siciliane
Tra le province, Messina è maglia nera in Italia, con un saldo negativo di -77.002 tra pensioni e lavoratori. Seguono Catania, Palermo e Agrigento. L’unica provincia siciliana che riesce a mantenere un equilibrio positivo è Ragusa, con un saldo di +20.333.
“Con sempre più pensionati e un numero di occupati che tende a rimanere stabile – sottolinea la Cgia – la spesa pubblica è destinata a crescere, mettendo a rischio la tenuta dei conti e la stabilità economica e sociale del Paese”.
I fattori negativi
A pesare, secondo l’associazione artigiana, sono quattro fattori intrecciati: la denatalità, l’invecchiamento della popolazione, un tasso di occupazione molto basso (soprattutto tra giovani e donne) e l’elevato numero di lavoratori in nero. Tutti elementi che in Sicilia si manifestano con particolare intensità.
La situazione – avverte la Cgia, – è destinata a peggiorare. Tra il 2025 e il 2029 oltre 3 milioni di italiani lasceranno il lavoro per raggiunti limiti di età, e il 74% di questi vive nelle regioni del Centro-Nord. “Nel giro di pochi anni – avverte la Cgia – assisteremo a una vera e propria fuga dai luoghi di lavoro, con conseguenze economiche e sociali di portata storica”.

