CATANIA – Potrebbero esserci importanti colpi di scena al processo sull’omicidio del giardiniere paternese Natale Pedalino, 66 anni, assassinato con oltre trenta coltellate il 19 dicembre del 2015, per il quale unico imputato è il professore di musica Giulio Arena. Saltano fuori elementi nuovi, a partire da alcuni tabulati telefonici mai analizzati. Poche ore dopo infatti il ritrovamento del cadavere della vittima nella campagne di contrada Cotoniera, i Carabinieri di Paternò sequestrano alcuni telefoni in uso ad Arena, fra cui un cellulare con cui quest’ultimo avrebbe chiamato Pedalino poco prima d’incontrarlo, precisamente alle 16.27 del pomeriggio in cui è avvenuta la tragedia. Si tratta di un’utenza che non sarebbe mai stata analizzata e della quale non risultano nel fascicolo del verbale di sequestro, richieste tabulati, del traffico e dei ponti agganciati, e né se ne conosce il luogo di custodia. Si tratta di elementi che secondo la difesa potrebbero cambiare la posizione del presunto omicida 59enne di Belpasso nella cui villetta la vittima lavorava da molti anni come giardiniere. Ne è certo l’avvocato Giovanni Avila che nel corso dell’ultima udienza di fronte i giudici della Corte D’Assise del Tribunale di Catania ha formulato le sue richieste istruttorie. L’incidente probatorio – già svolto all’epoca delle indagini- si potrebbe arricchire così di nuovi documenti e reperti inediti.
Per la difesa, è indispensabile acquisire le informazioni relative ai tabulati proprio allo scopo di conoscere l’esatta mappatura delle celle agganciate da entrambi. Non solo, secondo il difensore di Arena ci sarebbero ulteriori importanti aspetti su cui far luce e rimasti inspiegabilmente inesplorati nel corso delle indagini, come per esempio, il fatto che Pedalino la notte precedente all’omicidio avrebbe ricevuto due chiamate da parte di due persone, che si sarebbe poi premurato di richiamare l’indomani mattina alle 7. Si tratta di soggetti mai individuati.
Il giorno della tragedia i due, Arena e Pedalino, avevano un appuntamento, dopo la chiamata delle 16,27 la vittima sarebbe, infatti, salito sulla l’automobile di Arena una Subaru Forester. Le telecamere disseminate lungo le strade paternesi avrebbero ripreso il passaggio dell’auto di Arena, ecco perché la difesa ha chiesto alla Corte di poter analizzare i fotogrammi di quei filmati al fine di verificare se dai video si possa rilevare l’eventuale presenza o assenza di passeggeri nell’auto nell’ambito dell’arco temporale in cui è avvenuta la tragedia.
Nelle richieste avanzate da Avila spuntano anche dei pantaloni sporchi di sangue che i Carabinieri poche ore dopo l’omicidio sequestrano a S.M., nella sua abitazione situata a pochi passi dal luogo in cui è stato ritrovato il corpo. Si tratta ancora una volta di un reperto di cui non risultano essere state mai state eseguite le indagini genetiche e che oggi la difesa chiede di poter analizzare. In quei paraggi i Carabinieri avrebbero effettuato un sopralluogo ed acquisito altri reperti anche in casa di un’altra persona. Il difensore di Arena, infine, date le modalità efferate e cruente con cui è stato commesso l’omicidio, ha chiesto che venga nominato un tecnico esperto forense per l’analisi della scena del crimine con lo scopo di ricostruire – grazie anche alle foto e alle tipologie delle ferite inferte – la morfologia degli schizzi di sangue in relazione alle tracce repertate dagli investigatori a carico di Arena.
In merito a tutte queste richieste la Corte presieduta dal giudice Spanto scioglierà la riserva nelle prossime settimane.
LE INDAGINI – Sin dal principio delle indagini, l’unica ipotesi di movente delineata è che a monte dell’efferato omicidio ci fosse stata una lite sorta tra i due, poche ore prima del delitto, per una partita di olio di oliva di 5 litri. Già nel corso di una delle ultime udienze, il pm Fabrizio Aliotta ha chiarito alcuni aspetti del movente tramite una specificazione dell’aggravante contestata dei futili motivi. Il magistrato sostiene che i contrasti fra i due siano nati poiché il presunto assassino avrebbe lamentato alla vittima che quei litri ricavati dalla spremitura fossero inferiori rispetto alla quantità di olive raccolte. Pedalino, avrebbe insomma mentito per trattenersi dell’olio. In questi anni Arena – detenuto nel carcere di piazza Lanza ormai da oltre due anni – non ha mai smesso di professarsi innocente.