CATANIA. E’ tanta, troppa, la paura fra i medici dopo i fatti inquietanti accaduti nella sede della Guardia Medica di Nicolosi lunedì scorso. Scene da “arancia meccanica” che hanno turbato un’intera comunità. Ma a quanto pare, non sarebbe nulla di cui non si avesse già timore. L’aggressione avvenuta ai danni di due dottoresse avrebbe fatto emergere più palesemente le condizioni di scarsa sicurezza in cui sarebbero soliti operare gli oltre trecento addetti sanitari impegnati nei presidi di continuità Assistenziale disseminati nel territorio.
LiveSicilia ha raccolto il grido disperato lanciato da una donna medico che sceglie di mantenere l’anonimato: “Non possiamo andare avanti così. Abbiamo paura” – dice. La dottoressa lavora come guardia medica da molti anni nella sede di un tranquillo Comune situato alle falde dell’Etna. “Da anni chiediamo che qualcosa cambi, – spiega – ma dopo quello che è successo non possiamo rimanere in silenzio ad aspettare che la prossima volta ci scappi il morto. O che magari tocchi a noi. Siamo praticamente da soli e lasciati a lavorare di notte alla mercé di qualsiasi malintenzionato. Da tempo chiediamo che vengano quanto meno installati sistemi di video sorveglianza, ma le nostre richieste sono rimaste sempre inascoltate. Non esiste alcun margine di sicurezza minimo nel nostro luogo di lavoro che ci faccia sentire protetti”.
I fatti accaduti. Due malviventi un 36enne, di Nicolosi, ed un 34enne, di Belpasso, nella notte di lunedì scorso, fingendo di necessitare cure mediche e armati di ascia, hanno fatto irruzione all’interno del presidio di Nicolosi terrorizzando e derubando le due dottoresse di turno quella notte. Non paghi, dopo aver anche distrutto parte dell’immobile, i delinquenti hanno poi costretto i medici a salire a bordo di un’auto per recarsi in uno sportello bancomat e prelevare altro denaro contante. I due criminali sono stati quasi subito intercettati e arrestati nella stessa notte dal Comando provinciale dei Carabinieri di Gravina per i reati di rapina aggravata in concorso, estorsione, sequestro di persona in concorso e danneggiamento aggravato.
Ma la dottoressa in relazione ai fatti ci tiene a evidenziare più specificamente le condizioni non dissimili del suo luogo di lavoro. Condizioni che renderebbero altrettanto semplice l’azione di un criminale. “Non ci sono porte sicure, i cancelli sono sempre aperti e non esiste alcun deterrente per i delinquenti”. L’accesso, infatti, del presidio in cui lavora il medico sarebbe poco sicuro. “E’ una porta di alluminio con un vetro sottile, chiunque con una spallata può sfondarla” – spiega – “Senza contare che per legge siamo obbligati ad aprire a chiunque richieda cure mediche, così come è accaduto alla collega lunedì notte”. La dottoressa riferisce, inoltre, alcune misure a cui sarebbero solite ricorrere – in forma privata – di tanto in tanto per sentirsi più protette nel posto di lavoro. “Sia io che un’altra mia collega – aggiunge – siamo costrette ad assumere privatamente un ragazzo che ci faccia da “scorta” nella notte. Ci dividiamo lo stipendio con questo autista che ci accompagna a lavoro e rimane lì con noi durante il turno. Ma ci troviamo doppiamente in difficoltà perché per legge non possiamo far permanere nessuno nel presidio che non sia autorizzato. Ma non abbiamo altre soluzioni al momento”.
Rimane da capire come mai le sedi delle Guardie mediche non vengano sempre considerate alla stregua degli ospedali o dei pronto soccorso che al contrario sono regolarmente videosorvegliati. L’Ordine dei medici, che sarebbe intervenuto a riguardo, avrebbe avanzato la richiesta di spostare le sedi delle Guardie mediche nelle caserme dei Carabinieri. Un’ipotesi difficilmente realizzabile. “Ci siamo confrontati con l’Ordine dei medici, – prosegue la donna – il quale ci ha chiaramente lasciato intendere come per risolvere questo problema occorra investire un capitolo di spesa, ma sarebbero soldi non presenti al momento”.
A seguito dei fatti accaduti si sono susseguite tante reazioni e giunti anche numerosi messaggi di solidarietà alle protagoniste della brutale aggressione. A intervenire nella vicenda sono stati pure il sindacato dei medici e l’Asp. Il sindacato, in modo particolare, avrebbe sottolineato come l’aggressione accaduta lunedì non sia la prima nonostante da anni si richieda che i vari presidi di continuità Assistenziale vengano dotati di strumenti che rendano più sicure le attività dei medici. L’Asp, che si costituirà parte civile nella vicenda giudiziaria, avrebbe già indetto delle riunioni operative nel corso delle quali sarebbero state valutate delle ulteriori misure di deterrenza.