Giorgio Li Bassi, il ruvido poeta di Palermo, è morto. Aveva 65 anni. L’ictus di domenica gli è stato fatale. Era ricoverato alla rianimazione di Villa Sofia. Giorgio Li Bassi apparteneva alla meravigliosa razza famelica degli attori e dei teatranti palermitani di strada: una corporazione che sa coltivare, tra le sue maschere, un rancore tenace e indistruttibile, prima del sincero e affettuoso ricongiungimento, quando conta davvero. Si amano come si odiano gelosamente, nel pettegolezzo e nell’addio.
Giorgio Li Bassi era un poeta. Una tenera creatura di cielo e di stelle. Noi lo abbiamo sempre scambiato per il cantore della terra, per il comico dalla risata greve, per colui che pure nelle ottime cose che faceva non perdeva mai l’impronta verace, il tono sgrammaticato, la veste del palermitano plebeo. Ma in questo rovistare nel cuore fangoso e commediante della sua Palermo, con un sorriso popolano e rude, c’era un’innocenza da ragazzino. C’era l’anima bianca di chi ha sentito per la prima volta in faccia lo scirocco, o uno spruzzo di mare. C’era il bambino che sta sognando tutte le possibilità e le rotte del volo enumerate dall’infanzia. Perciò questa morte, il commiato del poeta di Palermo, possiede una scaglia di luce che ci consola. Risuona lieve, come la risacca della vita che deve ancora iniziare.
(domani dalle 10 la camera ardente sarà allestita al Teatro “Spicuzza”)