19 Luglio 2023, 05:01
6 min di lettura
CATANIA – Non sarà domani né, probabilmente, dopodomani. La verità è che di tempi ragionevoli per la totale riapertura del Terminal A dell’aeroporto internazionale di Catania, chiuso per via dell’incendio che si è sviluppato nella notte tra il 16 e il 17 luglio, è difficile darne. Tra i corridoi dell’aerostazione, però, si comincia ad avanzare qualche ipotesi. La prima è che si procederà a scaglioni: su spazi limitati e pochi voli alla volta, fino a recuperare il cento per cento dell’operatività. Uno scenario che i più prudenti faticano a immaginare prima della fine di luglio o dell’inizio di agosto.
Le incognite sono tante. Intanto il sequestro della magistratura: la Procura di Catania ha aperto un fascicolo per indagare sul rogo che, nella notte tra domenica e lunedì, è divampato nel Terminal A dello scalo catanese, al pianterreno. Gli occhi sono puntati su un impianto di condizionamento e ricircolo dell’aria, dal quale sarebbero partite le fiamme, ma la squadra speciale dei Vigili del fuoco arrivata da Palermo dovrebbe essere in grado di fornire risposte più certe sulle cause dell’accaduto. Secondo quanto affermato dal procuratore capo Carmelo Zuccaro, l’inchiesta verte anche sul funzionamento del sistema antincendio. Per il momento, però, le verifiche sono in corso e resta da definire l’area su cui saranno apposti i sigilli e che, quindi, dovrà rimanere inaccessibile.
Il Terminal A è il principale di Fontanarossa: da lì partono e lì atterrano la maggior parte dei voli nazionali e internazionali. Accanto a quello in cui si è sviluppato l’incendio, c’è il Terminal C: quest’ultimo, però, ha ripreso presto la sua parziale operatività, con due voli l’ora. Bruscolini per uno scalo che, il giorno del rogo, ha visto transitare 46mila passeggeri e che sulla capacità di bruciare un record dopo l’altro ha costruito la sua forza di futuro hub aeroportuale del Mediterraneo. “Per la bonifica abbiamo chiesto di fare turni 24 ore su 24 e di coinvolgere più maestranze possibili”, dichiara a LiveSicilia Nico Torrisi, amministratore delegato della società dell’aeroporto.
Nonostante l’impegno, però, una riapertura graduale sembra impossibile da scongiurare. Con tutto quello che ne consegue in termini di sovraccarico per gli altri aeroporti siciliani: Comiso, Palermo Punta Raisi e Trapani Birgi. Airgest, la società che gestisce lo scalo trapanese, ha comunicato di avere raddoppiato la quantità di operazioni quotidiane, considerando anche le riprotezioni dei voli catanesi. Non solo in arrivo, ma pure in partenza.
La Sac ha comunicato di avere attivato un servizio gratuito di navette dall’aeroporto di Catania agli altri tre interessati dai dirottamenti. Un investimento possibile grazie all’aiuto della Regione Siciliana ma che, adesso, viene gestito dalle compagnie aeree. A cui spetta anche il compito di organizzare sia il momento dello spostamento da Catania verso Comiso, Palermo o Trapani, sia il ritorno verso il capoluogo etneo di chi atterra lì anziché – come invece preventivato – all’ombra dell’Etna.
È, per esempio, la storia della giovane Alessandra, nome di fantasia. Diciannove anni, studentessa a Torino. Con un volo a tariffa agevolata per i giovani, dopo uno scalo a Roma di quattro ore, sarebbe dovuta atterrare a Catania ieri (18 luglio), intorno alle 18.30. L’incendio all’aeroporto ha cambiato il suo programma: la compagnia aerea le ha inviato una email chiedendole di accettare la variazione dell’itinerario, con arrivo anziché nello scalo catanese chiuso, in quello palermitano. L’alternativa non c’è.
Nel frattempo, cercando con il cellulare e facendosi dare una mano da sua madre, Alessandra cerca di capire come tornare a Catania. L’ultimo treno dalla stazione di Palermo Centrale verso Catania parte alle 19.45, secondo il sito di Trenitalia. Mentre sul sito della Sais, la società che si occupa dei collegamenti in bus tra il capoluogo panormita e quello etneo, un avviso in rosso comunica che i posti sono terminati. “Le ho preso il biglietto del bus dall’aeroporto alla Stazione centrale di Palermo”, spiega sua madre a LiveSicilia, quando ancora c’è un po’ di ottimismo.
Ma l’aereo parte e, di conseguenza, atterra in ritardo. Le valigie non fanno in tempo ad arrivare sul nastro. Così anche l’autobus verso la Stazione centrale è perso. “La cosa più triste è che una ragazza di 19 anni che dovrebbe essere il futuro della nostra terra, mi dice «Mamma siamo lasciati qui… Non c’è un cane che ci dia conto»”. L’obiettivo è arrivare alla Stazione entro le 20.30, o al massimo le 21.10, per poi prendere il treno per Messina e, arrivata nella Città dello Stretto, trovare la mamma a prenderla. Un tassista le chiede 70 euro per arrivare dall’aeroporto al centro di Palermo. A conti fatti, conviene che la madre parta da Catania in auto. Ed è quello che fa.
“Sarei dovuta partire stasera (ieri per chi legge, ndr) dall’aeroporto di Catania”, è invece il racconto di Marisa, in viaggio verso Trapani Birgi. Quando sente dell’incendio e delle partenze bloccate, compra un volo in partenza stamattina da Palermo. Lunedì sera, però, la compagnia aerea le comunica che il suo biglietto di martedì è confermato, solo che partirà da Trapani anziché da Catania, e che il trasporto verso la Sicilia occidentale lei dovrà organizzarlo da sé. Delle navette gratuite nessuno le dice niente.
Alle 10 di ieri mattina, sui bus per andare a Palermo e da lì a Trapani non ci sono più posti disponibili. Il primo che abbia un sedile libero per lei, è previsto in partenza alle 17. Troppo tardi. Per farsi dare queste informazioni, Marisa va all’aeroporto di Catania. Pensa che dove il problema è nato debba essere risolto. “Nessuno ha saputo darmi risposta – dice a questa testata – Sono veramente indignata per il disinteresse mostrato da aeroporto e compagnia nei confronti dei passeggeri“.
“Per me è assurdo – continua la donna – che abbiano dirottato il volo a Trapani (dall’altra parte della Sicilia) senza mettere a disposizione degli autobus per i passeggeri. Se non mi fossi organizzata autonomamente sarei rimasta a Catania e per me era essenziale prendere il volo perché domani ho una visita medica in ospedale”. E aggiunge: “Sono veramente stremata, provata psicologicamente e non sono ancora arrivata in aeroporto. Trovo tutto questo inaccettabile. Se dirottano i voli devono poi mettere i passeggeri in condizione di raggiungere gli aeroporti di destinazione”.
Francesca, invece, sarebbe dovuta partire per Creta da Catania alle otto meno dieci di ieri sera. Intorno a ora di pranzo di martedì, la compagnia aerea le invia un messaggio: la avvisano che il volo sarebbe partito da Comiso e che, se avesse voluto usufruire del pullman gratuito verso lo scalo ragusano, sarebbe dovuta arrivare all’aeroporto di Catania entro le 15.30.
“Questa parte, nonostante la comunicazione dell’ultimo minuto, devo dire che ha funzionato molto bene – ammette Francesca – Siamo saliti subito sul bus e siamo partiti verso Comiso. Il nostro autista, nel frattempo, era al telefono con un collega al quale spiegava le indicazioni per arrivare all’aeroporto di Trapani”.
A Comiso, però, la musica cambia: “Non c’era nessuno a dare informazioni: tutto pieno di gente, persone buttate per terra, file chilometriche ai banchi, check-in impossibili. Non funzionavano gli altoparlanti, dovevamo cercare di sentire quello che gli operatori, pochissimi, dicevano ad alta voce”.
Le informazioni, peraltro, spesso vengono veicolate solo in italiano. “Gli stranieri erano messi ancora peggio di noi. Gli schermi con le indicazioni su partenze e arrivi non funzionano neanche quelli. L’ascensore è fuori servizio, le scale mobili pure. Perfino il personale alza le spalle e lo ammette serenamente: dicono che sono troppo pochi e non sono abituati a gestire questa mole di traffico“.
“Speriamo al ritorno di non atterrare a Comiso – conclude Francesca – Abbiamo visto arrivare dei passeggeri e chiedere a qualcuno come arrivare a Catania. E a loro è stato risposto: uscite e vedete se trovate qualcosa. Forse a Palermo o Trapani sono più organizzati?“.
Pubblicato il
19 Luglio 2023, 05:01