Alberghiero e doppi turni |Scatta l’occupazione

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20 Gennaio 2018, 09:00

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CATANIA – 27 classi per 19 aule, alcune delle quali in condizioni precarie. Due turni di lezioni: il secondo dalle 14.00 alle 20.30 , con tutti i disagi del caso. E, fin dal mese di ottobre, la promessa di una sede aggiuntiva: tra cortei, giornate di sciopero e sit-in. Gli studenti dell’IPSSAR Wojtyla, prima di occupare i plessi di via Raccuglia e via Anfuso, hanno provato molte strade. Tra queste, un dialogo con la pubblica amministrazione, presenti anche gli ingegneri Roberti e Cocina (“era un nostro punto di riferimento”, affermano gli studenti). Ma l’assegnazione d’una nuova struttura, destinata ad ospitare le attività didattiche di oltre duecento alunni, sembra essere dapprima fallita per mancanza di fondi.

Anche l’interessamento del senatore Mario Michele Giarrusso, rivoltosi alla dirigenza scolastica, ha ricevuto prima una formale disponibilità, quindi all’esponente catanese del M5S sarebbe stato addirittura impedito l’ingresso. L’ultimo atto, un incontro col prefetto. L’occupazione, iniziata il 19 gennaio, vede genitori e studenti uniti in un fronte compatto, malgrado la protesta non sia al momento omogenea: il plesso di via Lizzio non vi ha infatti aderito.

Nelle ultime ore una comunicazione è apparsa sul sito dell’istituto: invita i genitori ad accertarsi che i figli non siano tra gli occupanti, “onde evitare le ripercussioni che potrebbero avere a seguito dell’occupazione in termini di responsabilità”. D’altronde gli stessi volantini del comitato occupante manifestano l’esigenza di “garantire il diritto allo studio (…), la qualità dell’offerta formativa, la salubrità e la sicurezza degli ambienti e degli edifici scolastici” . Anche nell’interesse della scuola stessa. Non vi sarebbe quindi un vero e proprio conflitto: situazione comune anche ad altre occupazioni dell’ultimo periodo, nelle quali accanto ai toni decisi si è osservata una certa ragionevolezza.

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Abbiamo incontrato gli occupanti di via Raccuglia, per osservare da vicino le condizioni dei locali e conoscere direttamente i termini della protesta. Siamo stati accolti dall’emozione che accompagna simili eventi: la consapevolezza di potersi opporre, non per gioco ma nel nome di una causa costruttiva. “Prima di tutto abbiamo sigillato i laboratori, in modo che non vengano contaminati”, ci hanno detto i ragazzi, “non abbiamo alcuna intenzione di arrecare danno alle strutture, servono a prepararci per il lavoro”. Già: il lavoro. Si parla del 28% di dispersione scolastica, o detto in termini pratici: da quando sono stati introdotti i doppi turni, molti ragazzi trascurano le lezioni perché impiegati nelle imprese familiari.

Alcune classi sono dimezzate. “Uscendo alle 20.30 perdiamo spesso l’ultimo autobus per tornare a casa. Tra l’altro l’illuminazione stradale è scarsa e bisogna attendere al buio: si corrono dei rischi”, lamenta un ragazzo. La protesta recente s’inserisce in un quadro di degrado che tocca l’intero quartiere, come ci è stato fatto osservare. Scalinate dissestate, muri collassati o sfondati, soffitti e pareti rose dalla muffa, vegetazione incolta: fino a rendere impraticabile l’ingresso principale. Qualche aula è adibita a magazzino, ad altre mancano le porte, abbondano i cavi elettrici a vista. Danni causati da decenni di trascuratezza o inciviltà, sicuramente.

Eppure gli allievi che ci hanno accompagnati attraverso l’istituto riescono talvolta a riparare alcuni di questi danni. “Manca una palestra, infatti la dividiamo col plesso di via Lizzio: oppure nelle ore di educazione fisica finiamo per vedere dei film o giochiamo a ping-pong”, chiarisce una ragazza, mostrandoci una stanza spoglia dove ci si dovrebbe allenare in mancanza di altri spazi. I bagni, vandalizzati e intasati, non versano in condizioni migliori. Una comunicazione emanata dalla Prefettura e pubblicata sul sito della scuola, assicura per i primi di febbraio la consegna di nuovi locali che ospiteranno aule e segreteria, senza tuttavia specificare il luogo né la sorte delle strutture fatiscenti di via Raccuglia. “Il prefetto ci ha dato appuntamento tra una settimana, ma noi intendiamo appellarci anche al sindaco”, afferma S.C. , portavoce degli studenti, che sente su di sé la responsabilità di questa protesta: “Hanno minacciato di mandarci la DIGOS, ma non ha alcun senso: non stiamo arrecando alcun danno, ma protestando com’è nostro diritto”.

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20 Gennaio 2018, 09:00

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