PALERMO – “Amore mio come stai?”, si scrivevano. Ad ogni ora del giorno e della notte. Innocenti messaggi se non fossimo di fronte a una relazione fra un professore di religione e la sua ex studentessa.
Lui ha 47 anni ed è finito agli arresti domiciliari. Non pubblichiamo il nome, al momento, per tutelare lei che di anni oggi ne ha quindici, ma che ha conosciuto il docente tre anni fa quando ancora frequentava le scuole medie in un istituto privato. La ragazzina era davvero convinta di vivere una relazione sentimentale con l’uomo molto più grande di lei. E così quando i genitori, ad inizio anno, l’hanno scoperta lei lo ha difeso. E ha difeso pure la loro relazione: “Siamo felici… ci siamo baciati”. Era sicura che, compiuti i diciotto anni, si sarebbero sposati, nonostante il docente avesse già una sua famiglia e fosse, così diceva, “molto più grande di me”.
Il professore è accusato di atti sessuali con una minorenne. Il reato è stato riqualificato dal giudice per le indagini preliminari Lorenzo Jannelli. All’inizio la contestazione del procuratore aggiunto Salvatore De Luca e del sostituto Vittorio Coppola era di violenza sessuale. La pena prevista – fino a dieci anni – è la stessa per entrambi i reati. Quello contestato dal giudice è previsto quando la minorenne non ha compiuto i quattordici anni, che diventano sedici nel caso in cui il “colpevole” sia la persona a cui il minore sia stato affidato. La differenza sostanziale fra i due reati è che solo nel caso di un abuso sessuale la vittima viene indotta con violenza fisica e psicologica a subire la violenza.
Nel caso del prof e della studentessa, che oggi frequenta un istituto superiore, si tratta dei baci appassionati – codice alla mano anche questi sono atti sessuali – che i due si sono scambiati.
La partita in punto di diritto è complicata. Bisogna capire quando la relazione è sfociata nei baci e se le effusioni sono avvenute mentre il professore aveva ancora in “affidamento” la ragazzina. Ragazzina che collocato i baci nel periodo in cui aveva già compiuto i quattordici anni, nel settembre 2015. E cioè quando non frequentava più la scuola media, ma il liceo. A questo punto diventa decisivo l’aspetto dell’affidamento. Secondo l’accusa, infatti, anche successivamente la minorenne avrebbe continuato a frequentare la vecchia scuola in occasione del tempo d’estate e di altri riunioni.
Al di là delle questioni tecnico-giuridiche di certo c’è la relazione fra l’uomo e la minorenne, che si è manifestata in mille messaggi, via sms e via Snapchat. Fino a quando i genitori della ragazzina hanno messo gli occhi sul suo telefonino. A quel punto hanno denunciato l’episodio alla polizia e informato la scuola privata che ha licenziato il professore, rimasto in servizio, invece, nel liceo pubblico. Sono stati i poliziotti della sezione reati contro i minori, coordinata dal dirigente Rosaria Maida, e sotto la guida del capo della Mobile, Rodolfo Ruperti a indagare sul caso. Hanno scoperto che tanti coetanei della ragazzina erano a conoscenza della relazione e avevano visto il professore e la compagna baciarsi per strada. Alcuni hanno addirittura sostenuto che era lo stesso insegnante a non farne mistero. L’avrebbe addirittura corteggiata. Poi, le parole di lei: “Ci siamo baciati”, non lontano da una chiesa, dopo avere passeggiato per strada, senza che il rapporto sia mai andato oltre quei baci appassionati. La loro era una relazione a cui lei avrebbe prestato il consenso, ma che lui per il suo ruolo e la sua età doveva evitare. Si è comportato scorrettanente.