Andando alla ricerca delle forme di artigianato tipiche nella provincia di Ragusa, si scopre come una scuola possa essere decisiva per lo sviluppo dell’impresa in un territorio. All’origine dell’arte della lavorazione dei gioielli nel Ragusano, infatti, molto probabilmente c’è il liceo artistico Giosuè Carducci di Comiso. La sua storia è lunga, considerando che presso questa scuola fondata nel 1907 si sono formate generazioni di iblei, quindi anche di artisti che oggi gravitano intorno al variegato e raffinato mondo della gioielleria.
La formazione degli artigiani
In origine l’istituto si dedicò soprattutto all’ebanisteria, alla lavorazione del ferro battuto e alla lavorazione della pietra. Nel 1945, poi, la “Scuola Governativa d’Arte” fu articolata in cinque sezioni: “Arte della pietra”, “Arte del legno”, “Arte dei metalli”, “Arte della ceramica” e “Arti femminili”.
Nel 1955 le sezioni vennero trasformate: la sezione “Arte del legno” divenne “Ebanisteria, intaglio e intarsio”, quella della pietra “Decorazione plastica”, la sezione dei metalli fu dedicata a “Ferro battuto e sbalzo”, il laboratorio di “Arte della ceramica” si trasformò in “Formatura e forni e smaltatura e decorazione”, e la sezione arti femminili in “Merletto e ricamo”.
Come questo possa portarci fino alle più recenti evoluzioni dell’arte orafa è presto detto: è proprio grazie a queste sezioni e a questi laboratori che nel ragusano si sono formati, e ancora oggi si formano, artigiani del gioiello e del legno (all’intaglio e all’intarsio abbiamo dedicato questo articolo – link).
Il laboratorio di design
Fra le perle del liceo artistico c’è anzitutto il laboratorio di arte orafa. A guidarci è la preside Maria Lauretta, che illustra con orgoglio la vetrina dei gioielli realizzati dagli allievi. “Il mestiere dell’orafo è attualissimo – spiega – e tanti nostri ragazzi sono riusciti a trovare lavoro grazie alla formazione ricevuta. L’orafo può avere infatti una serie di strumenti tecnologici, ma l’elemento della manualità è decisivo. Qui i ragazzi apprendono le tecniche dello sbalzo e del cesello, dell’incisione e incastonatura, della smazzatura e della microfusione”.
“Oggi il nostro è un laboratorio sensibile alle richieste del mercato, che sono richieste di design”, spiega la dirigente scolastica. Questa attività trascende i caratteristici gioielli iblei ed è anche al servizio del territorio: “I nostri allievi sono riusciti a lavorare per il recupero di vasi e paramenti sacri grazie a progetti di ‘alternanza scuola lavoro’ – fa presente Lauretta -. Abbiamo fatto sì che questa forma di progetti fosse messa a servizio della comunità attraverso un’indagine dei bisogni”.
“Gioielli” vuol dire fiducia: le sorelle Ravalli
Sono figlie dell’Istituto d’arte Josella e Mirella Ravalli. La loro attività rappresenta una perla dell’artigianato. Hanno iniziato quando avevano 21 e 22 anni e oggi la loro attività ha già trent’anni di storia: “Abbiamo studiato – raccontano -, poi siamo andate a bottega e abbiamo appreso il mestiere stando sedute al banco. Poi grazie a nostro padre abbiamo aperto la nostra attività”.
Non sono gioielliere ma hanno un laboratorio che produce e realizza a mano prodotti unici. “Seguiamo i clienti dal momento in cui entrano in negozio – spiegano con passione le due orafe -. L’oggetto nasce dalle nostre mani ma soprattutto dalla fiducia che si instaura con il cliente. Prepariamo su carta il progetto del gioiello e lo realizziamo in modo esclusivo e unico per quella persona. Tutto è personalizzato per il cliente”. Le tecniche? “Fondiamo l’oro a mano senza stampini ne impianti di fusione. I nostri gioielli nascono con lima, archetto, il cannello a fiato e con tutti gli attrezzi tipici del mestiere di cinquanta anni fa”.
L’attività è stata spesso premiata. Fra questi riconoscimenti, le sorelle Ravalli sfoggiano il primo posto al concorso biennale di oreficeria di Guardiagrele. “Abbiamo vinto il primo premio e il gioiello è esposto nel museo della cittadina patria della filagrana”.
Territorio e gioielli: Qubbila
Territorio e gioielli si incontrano anche nell’attività del gioielliere Leonardo Meli, proprietario di un laboratorio artigianale in cui si realizzano gioielli. Non è un “figlio” della scuola d’arte, ma la sua è la testimonianza di un diverso modo di apprendere il mestiere. “Ho imparato andando a bottega da un altro gioielliere”, spiega Meli; poi nel 1999 si è messo in proprio e da qualche mese ha lanciato in fase di start up una linea di gioielli che replica le cupole delle grandi chiese di Comiso: Qubbila.
Come nasce Qubbila lo racconta Meli stesso: “Una sera di primavera, una sera di quelle in cui il clima era ancora incerto se cedere o meno alle ragioni dell’estate, passeggiando per il nostro paese abbiamo rifatto pace con lui. Abbiamo lavato una colpa: quella della distrazione e del consumo superficiale della sua bellezza. Sono apparsi sotto luce diversa particolari architettonici, scorci, vedute e persino umili parti di selciato. Fra tutto, la presenza rassicurante e materna delle nostre chiese. Da qui l’idea, coltivata e accarezzata da tempo, che poi si è fatta progetto e oggi è brand e prezioso manufatto”.
I gioielli Qubbila sono fatti a mano e sono realizzati in argento 925 millesimi. Sono il tramite con cui Meli racconta l’amore per il territorio: “Le cupole sono segno di appartenenza”, spiega. “Ovunque presenti nelle vedute dei nostri paesi e città, sono divenute iconico stemma di un progetto che nel sottolineare passione e bellezza è soprattutto dovuto atto di riconoscenza e di amore per la nostra isola”.