CATANIA – Sicilia granaio di Roma. La storia si ripete e regge anche in termini di voti. Lo racconta la “colonizzazione” della trincea orientale dell’isola da parte di tanti big nazionali, novelli centurioni, paracadutati nelle liste bloccate del plurinominale. Politici navigati che però, in alcuni casi, fanno storcere il naso ai rappresentanti dei territori. Paolo Gentiloni, Maria Elena Boschi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Guglielmo Epifani calcheranno il palcoscenico catanese in campagna elettorale tra un impegno a Bolzano e uno a Roma. Dalla discesa in campo del premier Paolo Gentiloni, capolista al plurinominale della Camera a Catania, si è innescata una reazione a catena. La partita in trasferta dell’ex presidente in Consiglio, candidato anche come capolista nel collegio Marche 1 e in un collegio uninominale “blindatissimo” a Roma, non dovrebbe impensierire i compagni di partito in lista. C’è da sottolineare però che certamente la sua presenza ha influito sulla composizione della lista chiamata a rispettare l’alternanza di genere, determinando il secondo posto della presidente del consiglio comunale di Catania, Francesca Raciti e il terzo dell’orlandiano Giuseppe Berretta.
Un po’ diverso è il caso dell’ex ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, capolista al plurinominale della Camera a Messina, Siracusa (last minute), Palermo ma anche nel collegio 3 del Lazio 1 e in Lombardia 4. In questo caso i possibili retroscena, cari agli amanti della cospirazione, si sprecano. Non tanto perché il famigerato seggio uninominale di Bolzano non sia così blindato come si dice, ma perché la sua presenza come capolista a Siracusa ha nei fatti determinato la seconda posizione del segretario regionale Fausto Raciti (capolista fino alla sera prima). L’ex segretario dei Giovani Democratici potrebbe non dormire sonni tranquilli, dopo la notte dei lunghi coltelli e la colonizzazione renziana del partito ogni scenario di epurazione sembra plausibile. In realtà, la scelta dei capilista di stretta osservanza renziana è fortemente simbolica e ha il sapore di una prova di forza muscolare. E pensare che i democrat avrebbero potuto sfruttare il vantaggio a sinistra su Liberi e Uguali dopo il tris di candidature in Sicilia orientale collezionato dall’ex segretario della Cgil Gugliemo Epifani, che ha creato un profonda spaccatura determinando l’autoesclusione di diversi candidati strettamente collegati al territorio, tanto da portare addirittura Claudio Fava a parlare di “colonizzazione”. Una storia che ha fatto tornare alla mente la nefasta esperienza della Sinistra Arcobaleno, sfortunato cartello elettorale con candidature partorite a tavolino e big paracadutati a destra e manca che dieci anni fa ha incassato una sonora bocciatura da parte degli elettori.
La presenza della nomenclatura dem in Sicilia orientale probabilmente avrà fatto gola ai pezzi da novanta, rigorosamente non siciliani, del centrodestra. Ecco così schierati in prima fila Giorgia Meloni, capolista a Catania con Fratelli d’Italia, e Matteo Salvini (ormai esperto di granite e arancini), capolista della lega al Senato nel collegio Sicilia 2. I due occupano caselle blindate anche in ordine sparso sullo scacchiere nazionale e, a differenza di Epifani, non si giocano la loro sola chance di elezione in terra sicula. La loro presenza in una zona “calda” in termini di accoglienza, con Mineo dietro l’angolo, è probabilmente indicativa dei temi principali che animeranno la loro campagna elettorale. Un po’ diverso è il caso della siracusana Stefania Prestigiacomo che torna in grande spolvero sotto le luci della ribalta in qualità di capolista alla Camera nei collegi di Messina e Siracusa (suo feudo storico). A patire la composizione delle liste, anche quando a guidarle ci sono siciliani, sono stati soprattutto gli azzurri catanesi.
Catania è diventata una sorta di colonia minore in Sicilia sacrificata sull’altare dei tavoli romani. Basta scorrere le liste azzurre per averne conferma. L’ex senatore Salvo Torrisi è soltanto quarto al plurinominale del Senato (la lista guidata dalla palermitana Giammanco) e Dario Daidone occupa il terzo gradino del podio nella lista proporzionale della Camera guidata da Antonio Minardo (anche se la seconda in lista, Matilde Siracusano è candidata anche in altri collegi rendendo l’azzurro etneo potenzialmente secondo). Ma del resto le regole del gioco sono queste, le candidature plurime sono previste dalla legge elettorale e le liste bloccate si fanno a tavolino nelle private stanze. Che dire? E’ il Rosatellum, bellezza.