03 Maggio 2012, 16:30
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ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
R O M A
L’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 27 aprile 2012, ha approvato il disegno di legge n. 898 dal titolo “Autorizzazione al ricorso ad operazioni finanziarie”, pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 dello Statuto speciale, il successivo 28 aprile 2012.
Si ritiene che il provvedimento legislativo testé approvato sia in contrasto con gli articoli 81, 4° comma , 117, 3° comma e 119, 6° comma della Costituzione in quanto autorizza il Ragioniere Generale della Regione ad effettuare operazioni finanziarie per investimenti non coerenti con quelli previsti dall’art. 3, comma 18 della legge n. 350 del 2003.
Il suddetto articolo, come modificato dall’articolo 62, comma 9 del D.L. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni in legge n. 133 del 2008, al comma 16 prevede che: “«Ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ad eccezione delle società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l’indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, solo per finanziare spese di investimento>>.
Il successivo comma 17 definisce le operazioni finanziarie che costituiscono indebitamento. Il comma 18 testualmente recita:<< Ai fini di cui all’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, costituiscono investimenti: a) l’acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati sia residenziali che non residenziali; b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti; c) l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale; d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale; e) l’acquisizione di aree, espropri e servitù onerose; f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale, nei limiti della facoltà di partecipazione concessa ai singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti; g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni; h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni funzionali all’erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra l’intervento finanziario a favore del concessionario di cui al comma 2 dell’articolo 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109; i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalità pubblica volti al recupero e alla valorizzazione del territorio>>.
Queste prescrizioni, secondo quanto affermato da codesta Corte nella sentenza n. 70 del 2012 “costituiscono contemporaneamente norme di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma della Costituzione (in quanto servono a controllare l’indebitamento complessivo delle amministrazioni nell’ambito della cosiddetta finanza allargata,nonché il rispetto dei limiti interni alla disciplina dei prestiti pubblici) e principi di salvaguardia dell’equilibrio del bilancio ai sensi dell’art. 81, 4° comma della Costituzione”.
Pertanto la loro mancata osservanza rende costituzionalmente illegittime le previsioni legislative regionali che se ne discostino. Al riguardo codesta Corte nella sentenza n. 425 del 2004 ha avuto modo di affermare che l’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, nel testo novellato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, non introduce nuove restrizioni all’autonomia regionale, ma enuncia espressamente un vincolo – quello a ricorrere all’indebitamento solo per spese di investimento – che già nel previgente regime costituzionale e statutario il legislatore statale ben poteva imporre anche alle Regioni a statuto speciale, in attuazione del principio unitario (art. 5 della Costituzione) e dei poteri di coordinamento della finanza pubblica, nonché del potere di dettare norme di riforma economico-sociale vincolanti anche nei confronti della potestà legislativa primaria delle Regioni ad autonomia differenziata. E se quest’ultimo vincolo può non trovare più applicazione, in forza della clausola di salvaguardia dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, negli ambiti nei quali le Regioni ordinarie hanno acquisito potestà più ampie, ciò non può dirsi in ambiti, come quello dei principi di coordinamento finanziario (cfr. art. 117, terzo comma), in cui l’autonomia delle Regioni ordinarie incontra tuttora gli stessi o più rigorosi limiti (cfr. sentenza n. 536 del 2002).
La finanza delle Regioni a statuto speciale è infatti parte della «finanza pubblica allargata» nei cui riguardi lo Stato aveva, e conserva, poteri di disciplina generale e di coordinamento, nell’esercizio dei quali poteva, e può, chiamare pure le autonomie speciali a concorrere al conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche ai vincoli europei.
Codesta Corte ha altresì sancito che spetta alla legge dello Stato definire cosa si intende a questi fini per “indebitamento” e per “spese di investimento”.
Non si tratta infatti di nozioni il cui contenuto si può determinare a priori, in modo assolutamente univoco, sulla base della sola disposizione costituzionale, ma si è in presenza di concetti che si fondano su principi della scienza economica, che non possono dare spazio a regole di concretizzazione connotate da una qualche discrezionalità politica.
Peraltro, le definizioni date dal legislatore nell’articolo 3 della L. n. 350/2003 derivano da scelte di politica economica e finanziaria effettuate in stretta correlazione con i vincoli di carattere sovranazionale, cui anche l’Italia è assoggettata in forza dei Trattati europei e dei criteri politico-economici e tecnici adottati dagli organi dell’Unione Europea nel controllare l’osservanza di tali limiti. La nozione adottata nella suddetta previsione legislativa appare, secondo quanto affermato da codesta Corte “estensiva rispetto ad un significato strettamente contabile, che faccia riferimento solo ad erogazioni di denaro pubblico cui faccia riscontro l’acquisizione di un nuovo corrispondente valore al patrimonio dell’ente che effettua la spesa: comprende infatti ad esempio i trasferimenti in conto capitale destinati alla realizzazione degli investimenti di altri enti pubblici o gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalità pubblica”.
Ciò posto è chiaro che non è ammissibile che ogni ente, e così come ogni regione, faccia in proprio le scelte di concretizzazione delle nozioni di investimento oppure riconduca alle definizioni date dal legislatore statale fattispecie in concreto difformi e non omogenee, come avviene nel caso in ispecie.
Invero, il legislatore statale confortato dalla giurisprudenza di Codesta Corte, nel recepire la nozione di investimento elaborata dalla contabilità pubblica, ha scelto di considerare tale esclusivamente quella spesa da cui deriva un accrescimento “diretto” del patrimonio dell’ente pubblico che la sostiene. In proposito va rilevato che non è un caso che nella Costituzione la limitazione dell’indebitamento alle spese di investimento è collocata nell’ambito della disposizione che attribuisce agli enti un proprio patrimonio (art. 119) ponendo in tal modo un nesso inscindibile, ed immediatamente significativo, tra quest’ultimo e gli investimenti. Per il legislatore costituente sono infatti inquadrabili nella nozione di investimento soltanto, ed esclusivamente, quegli interventi che generano un incremento patrimoniale per l’ente, un aumento del valore del patrimonio.
L’investimento finanziario dovrebbe, infatti, a rigore generare maggiori entrate (derivanti a seconda dell’intervento finanziario, dalle tariffe per l’uso delle infrastrutture ovvero dai flussi di ritorno causati dal plusvalore conseguito dall’ente), entrate che consentirebbero di pagare il servizio del debito senza aggravi di tassazione per le generazioni future.
Inoltre l’applicazione coerente e rigorosa delle disposizioni in questione consente di evitare, anche sul piano politico, istituzionale ed amministrativo, che la sfera di operatività degli enti sia compressa in ragione degli oneri del previsto contratto di mutuo per finanziare interventi non produttivi di utilità economica che rendono irrazionale la traslazione cronologica della spesa sulle generazioni future compromettendo durevolmente il necessario equilibrio fra entrate ed uscite.
E proprio alla luce di queste considerazioni codesta Corte nella prima citata sentenza n. 425 del 2004 ha escluso che possano farsi rientrare nella nozione di investimento, come definita dal comma 18 della legge 350 del 2003, non solo le erogazioni a favore di privati, sia pur effettuate per favorirne gli investimenti, in quanto le stesse non concorrono ad accrescere il patrimonio pubblico nel suo complesso, ma anche, le forme di cofinanziamento regionale di programmi comunitari “che di per sé possono attenere a tipologie di spesa assai diverse fra di loro, non necessariamente definibili come investimenti secondo il criterio predetto”.
Orbene un primo profilo di censura del provvedimento legislativo in questione verte per l’appunto sul previsto ricorso all’indebitamento per cofinanziare la quota a carico della Regione del Piano Operativo 2007/2013 per l’ammontare complessivo di 66.927 migliaia di euro per l’anno in corso per 69.975 miglia di euro per l’esercizio 2013.
L’estrema genericità dell’autorizzazione contenuta nell’allegato e la conseguente mancata dimostrazione del rispetto dell’art. 3 comma 18 della legge n. 350/2003 rende necessario sottoporre al vaglio di codesta Corte la legge nella parte de qua.
Inoltre è a priori escluso che si possa ricorrere al mutuo per finanziare la quota regionale degli interventi a valere sul fondo sociale europeo (FSE), in quanto quest’ultimo è rivolto a realizzare misure in favore dell’occupazione e del mercato del lavoro, difficilmente riconducibili alle tipologie di investimento di cui alla sopracitata normativa.
Nonostante siano stati formalmente richiesti utili elementi cognitivi all’amministrazione regionale, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 488/1969, la stessa non ha fornito (all.1) validi elementi chiarificatori sulle tipologie della spesa finanziate con i fondi strutturali europei.
Analoga necessità si avverte per gli interventi contemplati nei capitoli 546403, 550062, 554229, 554201, 776015, 776016 e 746401. Nell’allegato alla legge in esame, in ossequio a quanto richiesto da codesta Corte nella recente sentenza n. 70 del 2012, sono riportate le U.P.B. per i capitoli di spesa relativi agli investimenti che si intendono finanziare a dimostrazione del rispetto dei principi posti dal più volte citato art. 3 della L. n. 350/2003 ai fini del ricorso all’indebitamento.
L’indicazione dei capitoli non è tuttavia sufficiente ad assicurare che il disposto ricorso all’indebitamento sia esente da vizi poiché non fornisce, così come richiesto da codesta ecc.ma Corte, “il dettaglio delle tipologie di investimento in concreto programmate” (punto 3.1 in diritto sent. 70/2012).
Poiché nella relazione tecnica al disegno di legge 801 “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2012. Legge di stabilità regionale”, di cui il deliberato legislativo in esame costituisce parte integrante, sono assenti le indicazioni specifiche delle opere che si intendono realizzare, non resta che fare riferimento alla denominazione dei capitoli di spesa elencati, nonché alle relative leggi sostanziali che ne hanno autorizzato l’iscrizione in bilancio.
Orbene, dalla lettura della denominazione del capitolo 554201 per il quale è previsto il ricorso all’indebitamento nell’esercizio 2013 per 170 milioni di euro, emerge che le risorse stanziate sono destinate alla ricostituzione dei boschi deteriorati e distrutti da incendi, appartenenti non solo al demanio regionale ma anche a quelli a qualsiasi titolo nella disponibilità dell’Azienda regionale foreste demaniali. Pertanto, in ipotesi, ben potrebbero essere svolti interventi di rimboschimento e miglioramento fondiario anche in favore di terreni non appartenenti al patrimonio pubblico in evidente contrasto con quanto richiesto dall’art. 3 della L. 350/2003.
Inoltre le ulteriori opere finanziabili “piccole opere di bonifica connesse, risarcimenti, cure colturali e recinzioni” pur se riconducibili in astratto alla categorie delle spese in conto capitale, non appaiono assumere i connotati della comune nozione di investimento. Ovverossia e più semplicemente, non appaiono poter essere ricomprese tout court nell’ambito della categoria delle opere di manutenzione straordinaria giacché gli investimenti finanziabili sembrerebbero assicurare piuttosto la conservazione in buono stato dei beni.
Non secondaria è inoltre la considerazione che tali opere, di norma, sono eseguite dall’amministrazione regionale in economia, come riconosciuto dalla stessa nei chiarimenti forniti con l’allegata nota, avvalendosi direttamente delle prestazioni di circa 27.000 operai stagionali, che fruiscono delle c.d. garanzie occupazionali previste dalla L.R. n. 16/1996, legge questa puntualmente riportata nel nomenclatore del capitolo di spesa.
Proprio il prevalente ricorso alla procedura di amministrazione diretta ed il rinvio fatto nei chiarimenti forniti dall’amministrazione regionale alla recente L.R. 24/2012 induce a ritenere che si tratti di lavori di mera manutenzione forestale.
Al riguardo si rammenta che l’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici nella determinazione n. 9 del 2001, nell’escludere dalla generale limitazione di importo per i lavori in economia quelli agricoli-forestali, ebbe a rilevare che gli stessi non attengono ad opere realizzate né ad impianti ma, piuttosto, si concretano in interventi che fanno rimanere salve le situazioni naturali trattandosi di opere di mera manutenzione forestale.
Ed invero lo stesso legislatore al comma 2 dell’art. 1 della L.R. 24/2012 dal titolo “lavori in economia nel settore forestale” rinvia, nel caso in cui si debbano realizzare o manutenere opere o impianti, alla norma generale del Codice degli Appalti in tema di affidamento dei lavori.
Orbene, nei chiarimenti forniti l’amministrazione regionale ha tenuto a “sottolineare” che gli interventi di forestazione (ed anche di meccanizzazione) “sono effettuati dalle rispettive amministrazioni prevalentemente con le procedure di amministrazione diretta” con ciò implicitamente confermando che si è in presenza di opere di mera manutenzione forestale.
Al riguardo, si può quindi legittimamente ipotizzare che si intendono finanziare interventi di carattere generico in base ad un programma manutentivo, finalizzato alla conservazione del bene, e che il ricorso all’indebitamento consente di acquisire una provvista finanziaria da utilizzare nell’arco dell’anno.
Nella fattispecie, ai fini del rispetto dei principi posti dal legislatore statale, non rileva la distinzione tra spesa di investimento o spesa in conto capitale o corrente, tra manutenzione straordinaria ed ordinaria, quanto piuttosto l’ammissibilità stessa dell’indebitamento che dalla legge de qua verrebbe autorizzato senza conoscere la natura della spesa, quasi una sorta di sottoscrizione in bianco senza cognizione in concreto della destinazione del debito per finalità produttive o di arricchimento patrimoniale o per spese correnti, illegittime in quanto tali.
Infine determinante è la considerazione che l’intervento in questione, così come quello previsto dal capitolo 554229, è stato inserito dal legislatore nella tipologia della lett. b) del comma 18 dell’art. 3 della L. 350/2003 ovverossia “costruzione, demolizione, ristrutturazione, recupero e manutenzione straordinaria di opere e di impianti”.
Orbene, nonostante sia stato formalmente richiesto all’amministrazione regionale di indicare le opere e gli impianti destinatari degli interventi di cui sopra, la stessa ha elencato una serie di attività, tutte riconducibili alla manutenzione, salvaguardia e vigilanza del territorio boschivo ma ha omesso il dovuto riferimento alle opere ed impianti posto a sostegno dell’inserimento degli investimenti in questione nella cennata lett. b) del comma 18.
Medesime considerazioni vanno svolte per il capitolo 554229 le cui disponibilità dovrebbero finanziare indistintamente “interventi per la rinaturalizzazione del territorio, tutela della diversità biologica e valorizzazione della dimensione sociale turistica e culturale delle foreste”.
Dai chiarimenti forniti si evince che si tratta di interventi per i quali la Regione aveva richiesto di utilizzare i fondi FAS e che, in mancanza dei relativi trasferimenti da parte dello Stato, li ha posti a proprio carico finanziandoli con il ricorso al mercato.
La maggior parte degli interventi, per stessa ammissione dei competenti organi regionali, come prima rilevato, sono diretti alla salvaguardia e vigilanza del territorio boschivo. In assenza di una precisa ed univoca attestazione riguardo alle tipologie di interventi previsti, e quindi nell’impossibilità di verificare se gli stessi siano riconducibili o meno nel concreto alla definizione di investimento posta dal legislatore statale, non ci si può esimere dal sottoporre al vaglio di codesta Corte la parte de qua della legge.
Le stesse censure vanno rivolte per gli “interventi” di cui al capitolo 550062 anch’esso inserito dal legislatore nella categoria di cui alla lett. b) del comma 18 dell’art. 3 della L. 350/2003 “costruzioni, demolizione, ristrutturazione, recupero e manutenzione straordinaria di opere ed impianti”. La denominazione del capitolo è infatti “interventi per la prevenzione ed il controllo degli incendi boschivi nonché interventi di tipo conservativo e per l’utilizzo delle tecnologie innovative per la difesa dell’ambiente”.
Sembrerebbe invero che non si sia in presenza di opere esclusivamente volte ad incrementare il valore patrimoniale di un’opera e/o impianto pubblico bensì nel campo dell’istituzionale attività volta ad evitare il danneggiamento e il depauperamento del patrimonio boschivo stesso (prevenzione e controllo degli incendi), così come peraltro confermato nei chiarimenti forniti dall’amministrazione regionale.
In assenza di certezze circa l’utilizzo dell’indebitamento per finanziare opere riconducibili al più volte citato art. 3, comma18 L. 350/2003 si ritiene necessario sottoporre al vaglio di codesta Corte la parte de qua della legge.
Anche gli interventi previsti dal capitolo 546403 “somme da trasferire all’Ente di Sviluppo Agricolo per la campagna di meccanizzazione agricola”, per i quali sono destinati 12.072 migliaia di euro, non appaiono riconducibili alle definizioni di investimento.
Dalle leggi riportate nel nomenclatore del capitolo emerge che il trasferimento di risorse all’Ente di Sviluppo Agricolo è destinato a finanziare l’utilizzo da parte del predetto ente di personale operaio precario, cui la L.R. 4/2006 all’art. 2 ha assicurato garanzie occupazionali per 179 giornate lavorative. I lavoratori in questione sono utilizzati per lo svolgimento della campagna di meccanizzazione agricola, di cui alla L.R. n. 51/1950, consistente nel fornire prestazioni con le macchine agricole di proprietà dell’ente sia per conto terzi sia in favore di associazioni di piccoli e medi coltivatori diretti.
Peraltro a seguito dell’avvio della procedura di infrazione ex art. 93 par. 2 del Trattato CE avverso la cennata disposizione e le successive leggi di rifinanziamento (ex plurimis L.R. n. 16/1998) il personale operaio in questione ed i mezzi tecnici possono essere anche utilizzati da amministrazioni comunali e provinciali che ne facciano richiesta oltre che dall’amministrazione regionale delle foreste.
L’art. 1 della cennata L. R. n. 16/1998 prevedeva inoltre che il servizio di meccanizzazione agricola dovesse essere riorganizzato da parte dell’ESA, entro un biennio, secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità di gestione e prioritariamente con la revisione delle relative tariffe in modo da assicurare la copertura minima del 40% della spesa.
Tale obiettivo a tutt’oggi, tuttavia, non sarebbe stato raggiunto tant’é che il legislatore, con l’articolo 19 del ddl 732 dal titolo “Interventi per lo sviluppo dell’agricoltura e della pesca. Norme in materia di artigianato, cooperazione e commercio. Variazioni di bilancio” approvato dall’Assemblea siciliana il 9 novembre 2011 (ed impugnato dallo scrivente innanzi a codesta Corte per violazione dell’art. 97 della Costituzione il successivo 17 novembre 2011), aveva proposto il differimento del termine per la riorganizzazione del servizio in questione al 2013.
E’ di tutta evidenza che l’intervento di cui trattasi non assume connotati tali da poterlo qualificare come investimento finanziabile con l’indebitamento e che, pertanto, lo stesso rende conseguentemente illegittima la legge nella parte de qua; d’altronde la stessa amministrazione regionale, nel chiarire gli interventi finanziabili con il ricorso all’indebitamento, include anche opere quali “lo scerbamento della vegetazione presente nelle strade” che non sono riconducibili alla comune nozione di investimento.
Sostanzialmente per le medesime ragioni non ci si può esimere dal sottoporre all’esame di codesta Corte anche gli interventi di cui ai capitoli 776015, 776016 e 746401.
I capitoli contemplano nelle rispettive denominazioni anche interventi inequivocabili di parte corrente non suscettibili di finanziamento con il ricorso all’indebitamento.
Per espressa ammissione dell’amministrazione regionale negli allegati chiarimenti “gli interventi finanziabili con le risorse di cui ai capitoli 776015 e 776016 si riferiscono prevalentemente ad interventi di somma urgenza per lavori di conservazione, restauro,manutenzione e valorizzazione di monumenti e siti archeologici, nonché per la tutela, la custodia e la manutenzione, la conservazione ed il restauro di beni monumentali naturalistici ed ambientali.
Non viene, invero, esplicitato se gli interventi di manutenzione siano ordinari o straordinari cioè se gli stessi apportino miglioramenti di rilievo ai beni patrimoniali che superano di gran lunga quelli richiesti per conservarli in buono stato o, piuttosto, si limitano al mantenimento della loro funzionalità o alla conservazione degli stessi.
Invero l’asserito finanziamento di lavori di “somma urgenza” (cagionati dal verificarsi di eventi eccezionali o imprevedibili) per le opere realizzate appare di difficile riconduzione alla nozione di investimento.
Si sarebbe infatti in presenza di interventi rapidi di ripristino dell’efficienza del bene messo in discussione da eventi imprevedibili, eseguiti in via straordinaria dal mero punto di vista temporale e procedurale, derogando alle normali procedure amministrativo- contabili.
Questi lavori invero, proprio per il carattere intrinseco di straordinarietà ed urgenza, risultano già iniziati, o addirittura ultimati, al momento in cui si perfeziona l’indebitamento, per cui non è neanche un finanziamento ex ante ma una ratifica ex post per fini contabili della spesa. Le risorse finanziarie acquisite attraverso l’indebitamento sarebbero introitate ai soli fini di cassa e di fatto potrebbero finanziare interventi diversi.
Per di più il capitolo 776016 prevede, oltre alla spesa per la tutela, custodia, conservazione e restauro dei beni monumentali, naturali ed ambientali, anche quella per la loro manutenzione, non specificando tuttavia se questa sia ordinaria o straordinaria, nonché gli oneri relativi per la direzione lavori ed assistenza ai lavori, di certo non riconducibili alla nozione di investimento così come definito dall’art. 3, comma 18 L.350/2003.
Il solo fatto che gli oneri siano inseriti nell’aggregato economico 6 “spese per investimenti” non fa assumere agli stessi tale natura, ed in assenza di espressa specificazione da parte dell’amministrazione regionale sulla tipologia degli interventi autorizzati, non si può che rilevare la non coerenza degli stessi con il più volte citato art.3, comma 18 L. 350/2003.
Il capitolo 746401, anch’esso inserito nell’aggregato economico 6 “spese per investimenti” prevede addirittura che il contributo in favore dei consorzi ittici costituiti da enti pubblici locali possa essere destinato al funzionamento degli stessi e pertanto non è compatibile con la definizione di investimento finanziabile attraverso il ricorso all’indebitamento.
In conclusione, benché quasi tutti gli interventi oggetto di censura possano essere ricondotti in astratto alla categoria delle spese in conto capitale, non si ha la certezza, in assenza di idonea, dettagliata ed univoca documentazione fornita dall’amministrazione, che siano atti ad assumere il carattere di investimento diretto che legittima il ricorso all’indebitamento pubblico e gli stessi pertanto si pongono in contrasto con gli articoli 81, 4° comma, 117, 3° comma e 119, 6° comma della Costituzione.
PER I MOTIVI SUESPOSTI
e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto Carmelo Aronica, Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto Speciale, con il presente atto
I M P U G N A
L’allegato 1 del disegno di legge n. 898 dal titolo “ Autorizzazione al ricorso ad operazioni finanziarie”, approvato dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 27 aprile 2012, limitatamente agli interventi contemplati nei capitoli 776015 e 776016 (U.P.B. 3.2.2.6.3), 554201 e 554229 (U.P.B. 10.5.2.6.1) , 550062 (U.P.B. 12.4.2.6.4), 546403 (U.P.B. 10.3.2.6.5), 746401 (U.P.B. 10.4.2.6.1), ed i cofinanziamenti P.O. 2007-2013 FSE, FEASR e FEP per violazione dell’articolo 3, della L.350/2003 così come modificato dall’art. 62 comma 9 D.L. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008 e degli articoli 81, 4° comma, 117, 3° comma e 119, 6° comma della Costituzione.
Palermo 3 maggio 2012
Il Commissario dello Stato
per la Regione Siciliana
(Prefetto Carmelo Aronica)
Pubblicato il
03 Maggio 2012, 16:30