CATANIA – L’assassino, da quale maledetto 10 giugno, è detenuto al carcere di Piazza Lanza. Ha reso dichiarazioni, confessato e poi in parte ritrattato, dicendo che non voleva uccidere ma solo mettere paura. Una tesi singolare, considerato che per “mettere paura”, come ha detto, ha investito due persone con la sua Opel Meriva.
Il rito
Sta di fatto che la Procura di Catania ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato per Piero Maurizio Nasca, l’uomo che ha ucciso un’amica di sua moglie, la 69enne centuripina Concetta De Bormida e ferito sua moglie, la 56enne Anna Longo. Nasca è accusato di omicidio e di tentato omicidio. È difeso dall’avvocato Fabio Presenti. I familiari della vittima hanno già designato come difensore l’avvocato Emanuela Fragalà.
Confessione e ritrattazione
Il processo è stato fissato per il prossimo 27 novembre dinanzi ai giudici della quarta sezione della Corte d’assise di Catania. Una data che teoricamente potrebbe saltare, qualora l’avvocato Presenti chiedesse un rito alternativo. Nel secondo interrogatorio, dopo aver detto alla polizia di aver “ucciso una donna” e di averlo “fatto di proposito”, Nasca ha sostenuto una tesi differente. Ha detto di non aver voluto uccidere.
“Mi si sono uniti i fili”
Il giudizio immediato è stato chiesto dal sostituto procuratore Valentina Botti e disposto dalla gip di Catania Marina Rizza. Nel corso delle indagini, la difesa ha fatto acquisire alla Procura la documentazione clinica dell’indagato. Nasca aveva infatti aggiunto di esser stato per tre anni in cura al Sert di Giarre e di esser stato ricoverato a Trecastagni. La difesa, teoricamente, potrebbe ancora chiedere una perizia psichiatrica, anche se al momento l’avvocato Presenti si è riservato di leggere gli atti. Nella sua confessione, Nasca aveva aggiunto che a un certo punto, quella mattina, vedendo la signora De Bormida, gli si sarebbero “uniti i fili”.
Il movente
L’imputato aveva raccontato inoltre le accuse che rivolgeva alla signora, che per lui “metteva sempre battibecchi” tra lui e sua moglie. E quando le due donne, dopo esser state in clinica, si sarebbero allontanate da lui, sarebbe scattato “un attacco”. “Cercavano di evitarmi mentre camminavano – aveva raccontato – e allora mi è preso un attacco e le ho investite. Le ho investite due volte, poi mi sono allontanato e mi sono formato al bar, dove ho chiamato il 113 e gli ho detto quello che avevo fatto”.