17 Marzo 2022, 05:25
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PALERMO – “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo”. Figuriamoci le famiglie politiche. L’incipit di Anna Karenina rende bene l’idea dell’aria che si respira nel centrodestra siciliano e all’interno dei vari partiti della coalizione. Forza Italia in primis.
Il turbinio di colpi scena, botta e risposta e controffensive andati in onda ieri all’Ars è la raffigurazione plastica di una guerra per la leadership che logora gli azzurri che ormai a sala d’Ercole vivono come da separati in casa. Da un lato i fedelissimi del coordinatore regionale Gianfranco Miccichè che rispondono al fuoco dei ribelli filo-Musumeci colpo su colpo. I frondisti eleggono in solitaria un nuovo capogruppo (Mario Caputo), le truppe di Miccichè incassano la richiesta di aderire al gruppo dei dioscuri di Sicilia Futura (D’Agostino e Tamajo”) per poi dimostrare l’inefficacia della procedura messa in atto dai parenti serpenti. Una guerra senza esclusione di colpi (in stile kamikaze) che in aula si palesa con la presentazione dell’emendamento della discordia che congela le nomine del governo a pochi mesi dalla campagna elettorale. Primo firmatario: Tommaso Calderone.
Uno scontro che tocca in pieno la maggioranza di governo e il tallone d’Achille del Presidente Musumeci: il delfino e consigliere politico Ruggero Razza che muove i fili dell’assessorato più “pesante”. Una bomba, in parte disinnescata dalla decisione della maggioranza di votare a favore dribblando il Vietnam d’aula, sapientemente orchestrato da vari alleati in combutta con l’opposizione per fare assaggiare nuovamente il sapore del fuoco amico all’esecutivo. Ordigno disinnescato che però nei fatti equivale a bere un amaro calice. E le firme in calce al documento certificano che i malumori non riguardano soltanto la frangia miccicheiana di Forza Italia (figurano i nomi dell’autonomista Lentini, del leghista Sammartino e della capogruppo dell’Udc Lo Curto). Un rimescolamento delle carte in attesa del vertice romano tra Meloni e Salvini. Al big match per la leadership della coalizione i due si presenteranno mettendo sul piatto un sì e un no al Musumeci bis (con la Lega che vorrebbe un proprio uomo e i meloniani che puntano sull’uscente) cercando una quadra che dovrà tenere conto delle altre partite elettorali che si giocheranno in Sicilia (amministrative) e nel resto d’Italia (regionali). Sul tavolo la corsa di Varchi a Palermo in quota FdI e quella di Scoma per il Carroccio.
Si arriverà a una sintesi o Meloni proseguirà con la sua politica isolazionista o è solo un bluff per aumentare il proprio consenso? In attesa di saperne di più l’osservatore attento non può non avere fatto caso alla nota che ieri pomeriggio, nel pieno della seduta d’aula, inviata dal segretario nazionale Lorenzo Cesa. “L’Udc auspica l’urgente definizione del quadro dei candidati in campo nelle Città metropolitane di Palermo e Messina dove la scadenza elettorale è ormai prossima e le scelte non ulteriormente rinviabili. Una volta identificati i candidati alle amministrative, sulla base della loro capacità competitiva, l’Udc confida che analoga e successiva sintesi possa essere unitariamente trovata anche sulla candidatura alla presidenza della Regione”, si legge. “Da parte sua, e in questo auspicabile contesto di ritrovata unità, l’Udc conferma la propria adesione al centrodestra e l’impegno a coordinarsi con tutti i partiti della coalizione e primariamente con le direzioni politiche di Forza Italia e della Lega, con particolare riferimento alle scelte da condividere – afferma – a livello territoriale e all’adozione di più generali indirizzi politici, maturati anche nella attuale e comune esperienza parlamentare, a sostegno del governo nazionale”. Il riferimento alla corsia preferenziale con Lega e Forza Italia sembra aprire nuovi scenari. Vedremo quali.
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17 Marzo 2022, 05:25