Ars, stop alle nomine del governo: maggioranza all'angolo - Live Sicilia

Ars, stop alle nomine del governo: maggioranza all’angolo

Malumori e frizioni in aula.

PALERMO – Seduta tesa a Sala d’Ercole: via libera all’emendamento che congela nomine e incarichi di competenza del governo. Scintille in aula dopo una giornata al cardiopalma in casa forzista (con il balletto delle offensive e delle contromosse tra falchi e colombe).

Calderone capogruppo secondo la Presidenza

La seduta si apre con una cattiva notizia per gli azzurri filomusumeciani: la presidenza dell’assemblea (retta dall’autonomista Di Mauro) conferma Calderone capogruppo in attesa di chiarimenti interni. “Hanno fatto una figura barbina”, si lascia scappare il dominus messinese di Forza Italia commentando la manovra dei frondisti.

L’emendamento della discordia

Ma le grane per i filogovernativi sono appena all’inizio. Il clima si surriscalda quando all’attenzione dei deputati arriva l’emendamento della discordia, quello che blocca le nomine da parte del governo regionale in enti, aziende e società controllate e partecipate nei 180 che precedono le elezioni. Uno strumento secondo qualcuno per spuntare le armi della campagna elettorale a Razza e ai suoi. Le firme in calce al documento dicono tanto della crisi che attraversa l’esecutivo. Non ci sono soltanto i nomi dei capigruppo dell’opposizione (Lupo del Pd, Di Paola del M5S, Lo Giudice e Fava del Misto) ma anche quelle del forzista Calderone (primo firmatario), della capogruppo dell’Udc Lo Curto, dell’autonomista Lentini, del leghista Sammartino e del sicilfutursita D’Agostino).

I filogovernativi provano a tenere

La fronda anti Nello cresce a macchia d’olio. E, da quello che narrano di bene informati, sarebbe stata pronta a fare ballare la rumba alla maggioranza. I filo governativi alla fine trovano l’escamotage per non andare sotto: votano per il via libera sottolineando come l’emendamento certifichi la bontà del lavoro svolto dal governo. Il là alla maggioranza parte dall’intervento dell’onorevole Savarino che chiede in aula di apporre la propria firma all’emendamento anche se ne contesta l’iter procedurale che avrebbe richiesto un approfondimento sulla costituzionalità giuridica). Una linea portata avanti dal capogruppo di Db, Alessandro Aricò, cercando di depotenziare l’operazione messa in campo da un campo larghissimo di avversari. E insieme alla capogruppo meloniana Elvira Amata e Alessandro Aricò, chiede alla Presidenza il rinvio dell’emendamento in commissione di merito ipotizzando anche profili di incostituzionalità (inesistenti secondo Di Mauro). 

Cordaro vs Di Mauro

 Sul finale della seduta c’è qualche scintilla tra l’assessore Cordaro (visibilmente alterato per l’iter seguito dall’emendamento che non passa dalle commissioni di merito) e il vicepresidente Di Mauro (altrettanto irritato per l’atteggiamento del collega che rivolgendosi alla segreteria generale ha pronunciato un “ne terremo conto”). “Nel metodo oggi scriviamo una pagina macchiata, nulla sarebbe cambiato se questo emendamento seguendo il percorso istituzionale corretto fosse andato nella commissione di merito – ha detto in aula l’assessore regionale al Territorio, Toto Cordaro – Questo emendamento e con queste firme resteranno nella storia di questa legislatura e di questo Parlamento: mi rimetto alla decisione della Presidenza, se si decide di votare voterò a favore”. Dopo l’approvazione della norma il vice presidente vicario, Roberto Di Mauro si rivolge a Cordaro. “Lei assessore si è rivolto a me in modo minaccioso, ma io sono sereno perché la conosco da anni e so che lei vuole sempre alzare i toni. Ma non si doveva permettere di rivolgersi al segretario generale dicendogli: ‘poi terremo conto del suo comportamento’, questo non è ammissibile”. Cordaro cerca di replicare dai banchi del governo, ma Di Mauro chiude la seduta.

Il finale

Insomma, il piano del Vietnam d’aula viene in parte disinnescato, ma i filogovernativi si trovano a votare un emendamento poco gradito. Lo stop alle nomine di sottogoverno passa con 46 voti mentre fioccano comunicati stampa (dal Pd al M5S) che salutano la norma come uno strumento di buon senso che salvaguarda la trasparenza della campagna elettorale.  


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