CATANIA – Il 17 Gennaio la “Comunità Resistente Piazzetta” occupava i locali dell’ex Hard Rock Cafè di Catania, dando vita al CPO Colapesce. L’intenzione di riappropriarsi degli “spazi sociali” cittadini, partendo dalla dimensione comunitaria, non era solo un proposito: dopo un mese i militanti hanno accolto la stampa cittadina per raccontarsi e mostrare le attività che ora si tengono negli ambienti del centro popolare appena rimesso a nuovo. Attività, si tiene a precisare, volontarie e gratuite. “L’intento è di fornire servizi al quartiere”, ci spiega Christian Marino, illustrando la funzione dei due sportelli informativi: uno è riservato ai lavoratori, l’altro è di supporto per i residenti del quartiere. “Alcuni avvocati offrono le proprie competenze: teniamo che le categorie professionali più deboli possano avere strumenti di autotutela; per i documenti ci appoggiamo ad un Caf”.
Per le tematiche relative al lavoro risulta preziosa l’interazione col collettivo Clash City Workers. Un terzo sportello, di supporto ai migranti, sarà aperto a breve. Intanto nella struttura si possono trovare una ciclofficina, una biblioteca e un’aula studio dove l’attività di “doposcuola popolare” ha avuto in queste settimane notevole fortuna. E poi i laboratori, termine tra i più adatti ad esprimere lo spirito di questo luogo nel quale si costruisce e sperimenta: scacchi, hip-hop e, molto presto, teatro, poesia, corsi di lingue e persino una sala di registrazione. “Sviluppando tutti questi aspetti, si attivano meccanismi di politicizzazione – prosegue Marino – che esulano dal discorso elettorale per arrivare al senso stesso della politica: occuparsi della cosa pubblica”. “L’idea è di creare una socialità diversa da quella omologante e di consumo che si trova fuori”. “La gente del quartiere ci aiuta a costruire e proseguire quest’esperienza”, ribadisce Damiano Cucé. E aggiunge: ”E’ è così che si arriva al senso di una comunità”.
Un senso, così pare, non ancora recepito dalle strutture ufficiali: il consiglio di quartiere non ha ancora preso contatti con gli occupanti. Quanto all’aspetto legale dell’occupazione stessa, i militanti riferiscono che pochi giorni dopo il loro ingresso un delegato della Unicredit –che risulta proprietaria dello stabile- si sarebbe presentato a verificare la situazione in vista di presentare un esposto. “Ma poi non ci sono stati sviluppi”, riferisce Abel Musarra, impegnato nell’acquisire informazioni sulla struttura: questa sarebbe catastata come deposito, dunque inadatta a un locale. Lo stesso franchising “Hard Rock Cafè” sarebbe stato stabilito con delle irregolarità. L’ambiente politico di riferimento è evidente e ribadito con decisione: grande aspettativa è riposta nei candidati di Potere al Popolo, la l’idea di un’autentica esperienza politica partita dal basso. Alla base, sentimenti profondi. “Amiamo la città dove siamo nati e preferiamo operare qui piuttosto che andarcene”, afferma Cucé. “La nostra generazione sarà pure sbandata, ma non è fallita. Qui da noi le persone si aggregano non perché offriamo qualcosa, ma per contribuire ad una causa sociale”.
Come percepito anche nelle occupazioni scolastiche dei mesi scorsi, domina la decisa volontà di esprimersi e lottare, senza tuttavia cercare un conflitto sterile. “Questa occupazione ci sta aiutando a crescere in tutti i campi, da quello culturale a quello strettamente pratico: anche i nostri familiari sono orgogliosi di noi”, raccontano un po’ tutti i giovani militanti, e la soddisfazione è evidente. Anche da parte sindacale l’occupazione riceve amicizia e sostegno. “L’Usb è vicina ai ragazzi del Colapesce e dà loro la massima disponibilità: si sono formati sul territorio correndo anche dei rischi, perché credono profondamente in questa lotta”, dichiara Orazio Vasta, giornalista e militante dell’unione sindacale.