28 Giugno 2020, 12:12
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Quando, fra molti anni, racconteremo come siamo cambiati a causa di eventi e parole che non conoscevamo, chi ci ascolta avrà difficoltà a capire. Saprà, magari, degli effetti storici del Coronavirus, quello che rimane nelle pagine di un evento mondiale che ha rivoluzionato tutto. Ma per lui sarà complesso sintonizzarsi con i ritmi del nostro cuore, come sempre accade. Noi, infatti, sappiamo della rivoluzione francese, ma non conosciamo i sentimenti che scorrevano all’ombra di una ghigliottina perché non li abbiamo sperimentati e uno stato d’animo diventa vero, solo quando lo intercettiamo.
Al lettore del futuro, perciò, offriamo la sensibilità e la lucidità di contemporanei che parlano di un paesaggio mentre sta ancora accadendo. Qui, chi vuole, troverà, le testimonianze di chi c’è, di chi c’era e aveva e ha un ruolo. Perché, anche domani, ci sia uno sguardo per riconoscere la balena bianca delle emozioni, prima che si inabissi per sempre.
Tiziana Maniscalchi, direttore facente funzione del pronto soccorso dell’Ospedale ‘Cervello’, ha visto convogliare nella struttura i casi palermitani, nella strategia delle competenze. Ma lei e i suoi eccezionali colleghi non vogliono essere chiamati eroi, anche se lo sono. “Abbiamo compiuto il nostro dovere”.
“L’esperienza – chiosa la dottoressa Tiziana – l’abbiamo presa di petto con i primi pazienti a marzo. Abbiamo dovuto attrezzarci per comprendere come affrontare il nemico comune. Sì, marzo forse è stato il mese più brutto. Abbiamo vissuto la tensione, la sovraesposizione e la paura. Sicuramente siamo cambiati come persone, è cambiata la nostra visione delle cose e dei rapporti. Abbiamo perso gli abbracci e per noi siciliani è dura. Però, forse, diamo più importanza ai sentimenti veri e abbiamo capito che è necessario investire sulla salute”.
“Il Coronavirus ci ha tolto moltissimo – dice Gigi Mangia, ristoratore-poeta, autore qualche giorno fa di un drammatico appello -. Abbiamo attraversato due momenti. In una prima fase abbiamo costruito la solidarietà, perché ci siamo sentiti sulla stessa barca. Poi c’è stata la svolta triste di chi cerca di buttare a mare il prossimo. Forse dovevamo ascoltare meglio Papa Francesco quando ci ha ammonito sui rischi dell’emergenza sociale da pandemia. Oggi cominciamo a vederla nella sua drammaticità. Gli aiuti devono essere veloci e devono essere garantiti a tutti. Un giorno Palermo tornerà a uscire da casa per frequentare i locali? Non so se mi troveranno. Spero proprio di sì”.
Antonella Di Bartolo, valorosa preside allo Sperone, spiega: “Personalmente ho acquisito una maggiore consapevolezza della fragilità di alcuni luoghi e di alcune situazioni e dinamiche sociali. Perché, da noi, l’emergenza non è stata tanto sanitaria, ma economica e i disagi sono venuti a galla. Le diseguaglianze si presentano ancora più marcate. Questo ci stimola e riveste la scuola di un ruolo ancora più centrale per l’impegno e l’educazione. E’ necessario trasformare il nostro sguardo e formare una squadra. Ne usciremo soltanto insieme”.
Andrea Stancato, direttore dell’Hotel Mercure che subì il caso iniziale, a Palermo, dei turisti bergamaschi positivi, è una persona da elogiare come i suoi ragazzi. Hanno resistito in un frangente tremendo. “Ci siamo riusciti – dice – ma abbiamo avuto paura, come era normale, quando il problema si è manifestato. Oggi andrebbe diversamente. Appunto, ci siamo riusciti perché eravamo preparati, perché siamo uniti, perché l’azienda, con lungimiranza, ci permette una formazione di qualità per sciogliere i nodi più stretti. C’è un grande materiale umano, lavoriamo sul gruppo, c’è una squadra che sa reagire. Ci siamo presi cura del prossimo, è quello che facciamo sempre”.
Giuseppe Savagnone, professore di filosofia, filosofo, è un intellettuale abituato a inseguire la balena bianca lungo la rotta del significato. E lo fa con una profondità mai estranea alla chiarezza. “Ci sono vari livelli da tenere presente, secondo me. Credo che adesso viviamo di più un senso di precarietà che era sullo sfondo, consacrato dal Coronavirus”.
“Per esempio – continua – non facciamo più programmi a lunga scadenza. Questo può essere angosciante, ma ci restituisce la nostra finitezza, la nostra fragilità dimenticata. Abbiamo imparato quanto siano preziosi i rapporti umani e il tentativo di conservarli. Alcuni hanno appreso la responsabilità, hanno scoperto che i nostri comportamenti sono decisivi per gli altri, che possono stabilire il male e il bene degli altri. Dobbiamo stare attenti ai giovani che vivono un momento di grande insicurezza, per trasformare la precarietà in crescita”.
E tu che leggi, se sei un uomo del presente, sai già tutto. Se sei l’uomo che verrà, questo devi sapere. Che il nostro cuore, nei giorni in cui siamo cambiati, era un campo di battaglia. Ma non ci siamo arresi. E siamo arrivati fin qui, come dopo un naufragio, per raccontare la storia.
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28 Giugno 2020, 12:12