Domiciliari non rispettati, chi è il boss Nino Buzzitta - Live Sicilia

Domiciliari non rispettati, chi è il boss Nino Buzzitta

Nonostante la sua età avanzata, Buzzitta ha continuato a primeggiare dentro la cosca di Trapani

“Consigliori” dei mafiosi trapanesi, vicinissimo ai capi, capace di superare indenne la guerra corleonese nonostante mafioso rispettato cominciò ad esserlo quando a capeggiare la cupola di Trapani negli anni ’80 era Totò Minore, fatto uccidere alla fine del 1982 da Totò Riina.

La storia di Nino Buzzitta, arrestato adesso da Carabinieri e Dia per le ripetute violazioni ai divieti a lui imposti, coincide con la storia mafiosa trapanese degli ultimi 40 anni.

Il suo posto sempre ad un passo da chi comandava, pronto a consigliare e suggerire: se non fosse stato arrestato dalla Polizia a metà degli anni ’90, sarebbe diventato il nuovo capo della cupola di Cosa nostra trapanese e questo doveva accadere dopo la cattura di Vincenzo Virga avvenuta nel 2001: il boss all’ergastolo tra l’altro per la strage mafiosa di Pizzolungo del 1985 e per l’omicidio del sociologo e giornalista Mauro Rostagno.

A succedere a Virga doveva essere proprio lui Nino Buzzitta, ma il carcere impedì la nomina e Matteo Messina Denaro in persona indicò quale successore di Virga il pacecoto Ciccio Pace, tornato libero da poco tempo e che spesso lo si vede frequentare qualche chiesa della città, sempre accompagnato dalla moglie.

Nonostante la sua età avanzata, Buzzitta ha continuato a primeggiare dentro la cosca di Trapani.

Buzzitta tornato libero tornò a fare il “consigliori” anche con Ciccio Pace. E poi a stare vicinissimo ai figli di Virga, diventati capi dipo che anche Pace venne arrestato. Con la scusa della veneranda età e di alcuni problemi di salute Buzzitta era riuscito a ottenere il beneficio di stare da qualche anno agli arresti domiciliari, evitando così il carcere nonostante le pesanti accuse di mafia. Ma dinanzi al ripetuto sottrarsi agli obblighi imposti, il Tribunale di Trapani, presidente giudice Daniela Troja, a latere Marroccoli e Cantone, ha ripristinato la misura cautelare in carcere.

Le ultime indagini condotte da Carabinieri e Dia che riguardano Nino Buzzitta, appena condannato a 21 anni a conclusione del processo scaturito dall’operazione antimafia dei Carabinieri denominata “Scrigno”, lo vedono protagonista di un pezzo della nuova vita della mafia trapanese che sta cercando di riorganizzarsi. Gli investigatori antimafia hanno svelato la sua intensa attività, scoprendolo a proseguire la sua attività di uomo d’onore. Un rapporto investigativo finito sui tavoli della Procura distrettuale antimafia di Palermo che ha chiesto e ottenuto il ripristino della custodia cautelare in carcere. Invece di frequentare studi medici dove diceva di doversi recare.

Nino Buzzitta per i magistrati antimafia è continuato ad essere un pezzo da 90 dentro la mafia di Trapani.
Ha continuato a fare il “consigliori” e a dare una mano a riorganizzare la famiglia mafiosa di Trapani. Lo faceva attraverso incontri riservati, finiti però “fotografati” dagli investigatori della Dia.

Il titolare di un bar, dalle parti della via Mattarella a Trapani, a lui concedeva il retrobottega, nonostante il locale sia uno dei più frequentati della zona. Erano sicuri che nessuno avrebbe notato il boss ed i suoi commensali. Incontri tanto di giorno che di sera.

Nino Buzzitta, appena condannato a 21 anni, la sua terza condanna per associazione mafiosa, è stato da sempre un soggetto di un certo calibro mafioso. Allevatore, possiede una stalla nei pressi dell’oramai dismesso impianto del dissalatore di Trapani, a ridosso della zona delle saline, ed è lì che i Carabinieri di Trapani sono riusciti durante l’indagine “Scrigno” a documentare gli incontri con Franco Virga, figlio dell’ergastolano Vincenzo, a discutere di soldi e appalti.

Mai fino all’operazione “Scrigno”, Buzzitta mai sino a quel momento era stato intercettato nel discutere con altri boss mafiosi, sempre guardingo, pensava che quegli incontri all’aperto non potessero essere monitorati. La sua voce però era stata già intercettata in altre occasioni, quando ad occuparsi di lui erano stati i poliziotti della Squadra Mobile di Trapani che per un paio di volte negli anni ’90 erano riusciti ad arrestarlo, indagini per le quali fu condannato per due volte per associazione mafiosa.

“Il poeta” Nino Buzzitta, così viene definito dagli investigatori che in quegli anni ’90 lo ascoltavano: spesso in auto a parlare da solo, a mettere ordine ai suoi pensieri di uomo di mafia, abituato a ripetere ad alta voce alcune massime per sottolineare il proprio potere mafioso. Un potere che non esercitava con le armi ma con le parole: “A lingua unn’ave ossa ma spacca l’ossa”, la più famosa delle sue affermazioni finita stampata in atti giudiziari.

Buzzitta durante il processo “Scrigno” è stato sentito dai giudici. Lui in quella occasione come il clichè di tutti i boss ha detto di non conoscere Cosa nostra, “io mafioso solo per la carta”,come a voler dire che mafioso lo è diventato per via delle condanne che lo hanno qualificato quale uomo d’onore. Le indagini che lo riguardano da trent’anni e sino ad oggi dicono altro.

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