(di Riccardo Arena, pubblicato su La Stampa)
Le regole valgono per tutti e i magistrati si controllano pure fra di loro. Per verificare se cinque colleghi si fossero resi responsabili di una presunta fuga di notizie, i pubblici ministeri di Caltanissetta hanno acquisito tutti i numeri telefonici personali dei magistrati di Palermo che indagavano sul tesoro di don Vito Cianci-mino. I numeri di casa, di ufficio e dei cellulari, le utenze fisse e mobili, attivati tra il 1997 e il 2007. Per il solo Sergio Lari hanno individuato undici utenze. Per Lia Sava otto. Per Giuseppe Pignatone due, una ciascuno per Michele Prestipino e Roberta Buzzolani.
L’indagine, secondo la Procura di Catania, divenuta competente dopo che Lari è stato nominato capo della Dda di Caltanissetta, non ha portato all’accertamento di alcuna rivelazione di segreti delle indagini e il pm Antonino Fanara ne ha chiesto l’archiviazione. Gli avvocati che avevano presentato le denunce, Giovanna Livreri e Gianni Lapis, non si sono opposti all’archiviazione di questa parte dell’inchiesta, ma hanno contestato un’altra scelta del pm Fanara, che non intende proseguire le indagini anche su altri fatti, riguardanti presunte omissioni nelle verifiche sulla sparizione dei soldidell’ex sindaco mafioso di Palermo. Il Gip Giuliana Sam-martino ha fissato l’udienza per il 30 maggio.L’unico risultato prodotto finora è dunque l’acquisizione agli atti dell’inchiesta dei numeri privati dei singoli pm, che oggi ricoprono ruoli delicatissimi: Pignatone è il procuratore di Reggio Calabria, Prestipino è il suo aggiunto, mentre Lari guida la Direzio-ne antimafia proprio di Caltanissetta.
Lo sviluppo dei tabulati del traffico telefonico e delle «celle agganciate», cioè degli spostamenti dei possessori dei cellulari, è stato fatto solo ai giornalisti. Poi la Dire-zione investigativa antimafia di Caltanissetta ha accertato che fra le chiamate ricevute e partite dai telefoni dei cronisti non ce n’era nemmeno una diretta ai pm dell’indagine su Massimo Ciancimino e sul pro-fessor Lapis, entrambi condannati anche in appello (a Palermo) per riciclaggio e fittizia intestazione di beni.Fra i giornalisti sono stati controllati non solo i cronisti, ma anche i «deskisti» e i capi-servizio.
Ma soprattutto i loro familiari. Figli anche minorenni, mogli ed ex mogli, mariti e altri parenti, numeri di utenze fisse, anche se non più in uso da anni. Persone del tutto estranee alle vicende, insomma, sono state seguite elettronicamente pure nei loro spostamenti. In maniera curiosa è stato individuato un solo numero realmente usato da una cronista.Le notizie oggetto dell’indagine riguardavano la perquisizione dello studio dell’avvocato Livreri e la sua sospensione dall’esercizio dell’attività professionale, risalenti al settembre eal novembre del 2006. In entrambi i casi erano state «battute» dalle agenzie, e poi riprese dai quotidiani, tré giorni dopo che erano avvenuti i fatti. Secondo il pm Fanara si sarebbe trattato di «fatti notori» e non più coperti da segreto, anche perché erano a conoscenza degli indagati e di tantissime altre perso ne.
Dalla vicenda vengono fuori anche imbarazzi e situazioni che, una volta scoperti dai diretti interessati, hanno indispettito non poco i pm «indagati». Perché la Procura nissena, che aveva disposto l’acquisizione dei loro numeri privati, era retta, nel periodo dell’inchiesta, cioè tra il luglio 2006 e il febbraio 2008, da Renato Di Natale. Candidato, come Pignatone e Lari, al concorso che avrebbe dovuto nominare ilnuovo capo dell’ufficio inquirente nisseno. Tra mille imbarazzi per le coincidenze dei tempi degli «atti dovuti» di indagine e le scadenze della selezione celebrata dal Consiglio superiore della magistratura, il pm Ombretta Malatesta, il 24 settembre 2007, aveva proceduto con le acquisizioni dei numeri dei colleghi e del traffico telefonico dei giornalisti. I tabulati erano stati limitati a sei giorni di settembre e a due di novembre 2006. A settembre 2007 erano quasi pronti gli elenchi dei candidati alla guida della Dda nissena. La Dia aveva risposto il 20 febbraio 2008, il giorno prima la decisione del plenum del Csm, che aveva scelto Lari come nuovo procuratore. Di Natale era stato poi nominato capo della Procura di Agrigento.