Finanziaria, tagli all’istruzione | La rivolta delle scuole paritarie

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10 Febbraio 2019, 15:45

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Prosegue il nostro viaggio tra le categorie più penalizzate dai tagli in bilancio. Dopo l’allarme dei Teatri siciliani, quello delle associazioni per i malati di talassemia, delle scuole di musica, oggi pubblichiamo quello delle scuole paritarie dell’Isola.

La Finanziaria fa vittime anche nel mondo dell’istruzione, e prevede il taglio di 600 mila euro di fondi regionali alle scuole primarie paritarieLe scuole paritarie sono scuole non statali, pubbliche o private, che hanno richiesto e ottenuto dagli uffici scolastici regionali la ‘parità’ rispetto alle controparti statali, e come queste possono rilasciare titoli di studio. Frequentare una scuola paritaria significa anche assolvere all’obbligo di istruzione.

Le associazioni di categoria lanciano l’allarme: a rischio le iscrizioni, i posti di lavoro del personale scolastico e le scuole stesse, in controtendenza con il resto d’Italia e d’Europa.

“La Regione ha competenze in materia di pubblica istruzione, ma evidentemente in nome del risparmio della finanza pubblica non intende esercitare queste competenze”, fa presente Dario Cangialosi, presidente di Fism Sicilia (Federazione italiana scuole materne). Alla notizia del nuovo trattamento economico che sarebbe riservato al comparto, la Fism ha reagito con amarezza: “Apprendendo che il taglio più sostanzioso riguarda le scuole primarie paritarie convenzionate con la Regione – dice Cangialosi – ci accorgiamo che c’è un certo ‘raffreddamento’ su alcuni temi. Intanto, più volte l’Unione europea ci ha richiamati: dobbiamo permettere alle famiglie di scegliere dove mandare a scuola i figli. Ma così non è – prosegue – perché si paga due volte fra tasse e retta, quindi la scelta ricade forzatamente sulla soluzione più economica. A questo prosegue si aggiunge il fatto che ovviamente le scuole devono coprire i costi, quindi il prezzo della retta diventa ben più penalizzante”. Prima dei tagli le scuole primarie paritarie in Sicilia beneficiavano di 4 milioni 500mila euro, che così verrebbero quindi scalati a 3 milioni 900mila.

A pagare il prezzo più alto sarebbero le famiglie siciliane. Secondo la Fism, in Sicilia le scuole cattoliche paritarie sono 485, con circa 40mila alunni; solo a Palermo, la Fism comprende 150 scuole. “Per compensare le perdite, le scuole sono costrette o ad aumentare le rette o a chiudere – dice Cangialosi –. Nel giro di un decennio si sono ridotti di almeno della metà gli istituti che vanno dalla scuola primaria a quella superiore, e non parliamo di diplomifici ma di scuole serie e regolari. Preferiscono chiudere, a fronte di interventi economici impossibili, perché non accettano i compromessi che danneggerebbero la qualità del servizio”. Coi tagli del ddl di stabilità, verrebbe meno il supporto economico utile a gestire un sistema di per sé già penalizzato: Fism calcola che le scuole primarie convenzionate siciliane ricevono 9mila euro per ciascuna classe, cioè circa la metà di quanto ricevuto dalle altre regioni. “Quando chiuderanno tutti, cosa faranno le regioni per i 40mila utenti totali tra scuola dell’obbligo e non? Quanti soldi dovrà trovare anziché ridurre i fondi?”, chiede Cangialosi.

La scuola è istruzione, ma anche lavoro: oltre agli alunni e alle loro famiglie, la riduzione del fondo interesserebbe anche i 5.000 addetti, tra personale docente e non docente, coinvolti nel sistema delle scuole primarie paritarie convenzionate. “Il timore della federazione è rivolto sia alla perdita degli iscritti, sia al pericolo di lasciare a casa dei lavoratori – affermano Cangialosi e Giuseppe Russo, presidente provinciale Fism Palermo –. La chiusura delle scuole comporterebbe la disoccupazione per migliaia di persone, ma anche un inevitabile abbassamento della qualità di servizi che offriamo, come la formazione di gestori e insegnanti”.

La federazione lamenta una cattiva gestione della scuola a tutti i livelli istituzionali siciliani. C’erano molte aspettative, ad esempio, nei confronti del cosiddetto ‘sistema integrato 0-6 anni’: “Un decreto legislativo prevede che lo Stato stanzi le risorse e le trasferisca ai Comuni – spiega Russo – per potenziare i servizi educativi e le scuole per l’infanzia. Ancora, dopo un anno, in molti Comuni della Sicilia addirittura se ne sconosce l’esistenza. È per un insieme di motivi – prosegue – che la Sicilia ha il 7% di posti disponibili per la scuola d’infanzia ogni 100 bambini, contro il 33% fissato dall’Ue come obiettivo degli Stati membri. Obbiettivo che doveva essere raggiunto prima entro il 2010, ma eravamo ben lontani, e che poi è stato rinnovato per il 2020, ma non ci si arriverà ugualmente”.

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Nel clima generale di crisi e sconforto in cui è piombata la regione, la federazione lavora a proposte e soluzioni: “Abbiamo chiesto un’audizione presso le commissioni Istruzione e Bilancio dell’Ars – spiegano i vertici Fism –. Ad oggi non siamo stati convocati, però l’idea è di arrivare a sensibilizzare il governo affinché si raggiungano gli obbiettivi, e non deludere e penalizzare famiglie già stremate. Sabato 16 febbraio ci sarà l’assemblea delle scuole d’infanzia federate – continuano – ma siamo disposti a farci sentire con ogni mezzo e in qualsiasi contesto. Organizzeremo delle giornate di incontro con le famiglie e le scuole, per cercare di alzare il livello d’allarme, e non escludiamo che i lavoratori possano ritenere opportuno di esercitare il loro diritto di manifestare”.

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10 Febbraio 2019, 15:45

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