PALERMO – La formula è “perché il fatto non sussiste”. È una assoluzione nel merito quella che riguarda il sindacalista della Cgil Vincenzo Liarda. Una assoluzione che fa cadere in primo frado il sospetto infamante per una persona impegnata nel fronte antimafia di avere simulato un reato.
Secondo la ricostruzione della procura di Termini Imerese, che non ha retto davanti al giudice Daniela Mauceri, Liarda avrebbe confezionato una finta lettera di minacce di morte che poi egli stesso si era recapitato.
Una tesi sempre respinta dal sindacalista e dai suoi legali, gli avvocati Francesca Di Filippo ed Elisa Braccioforte. La difesa ha sostenuto la debolezza del quadro indiziario nei confronti dell’imputato. Innanzitutto perché è vero che c’era un’impronta di Liarda, ma altrettanto vero è che c’erano le impronte di altre persone. Circostanza sulla base della quale non si poteva escludere una contaminazione del reperto. L’altra linea difensiva si basava sull’elemento soggettivo del reato: perché mai Liarda, vittima di tante altre intimidazioni, ad un certo punto avrebbe dovuto inventarsene una. Quali erano il movente o l’interesse per confezionare una finta minaccia?
“Finisce una amara e dolorosa parentesi che va avanti da 5 anni”, si limita in questo momento a dire Liarda, sindacalista e presidente del consorzio madonita “Legalità e Sviluppo”.
Per l’imputato l’accusa era una macchia da cancellare al più presto nel suo percorso di vita caratterizzato da tante battaglie civili. Fra tutte quella per il riutilizzo a fini sociali del feudo Verbumcaudo, confiscato al “papa” della mafia, Michele Greco.
Da una parte l’impegno antimafia, dall’altro la simulazione di un reato caduta al termine del processo. Il pubblico ministero aveva invocato la prescrizione per l’imputato ed invece l’assunzione è arrivata nel merito. Solo le motivazioni, depositate fra 90 giorni, spiegheranno il percorso valutativo del giudice. L’assoluzione è arrivata sulla base dell’articolo 530 comma secondo e cioè quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste. Ecco perché le motivazioni sono importanti.
Quando nel 2015 i carabinieri bussarono alla porta di Liarda per perquisire l’abitazione di Polizzi Generosa la notizia creò scalpore e amarezza. Le indagini conclusero che quella l’impronta di Liarda non avrebbe dovuto essere presente sul foglio della lettera di minaccia visto che ad aprire la busta fu la moglie che la consegnò subito ai carabinieri. Nella lettera c’era un avvertimento esplicito “non hai vinto e hai condannato la tua famiglia… pezzo di m… non vivrete più e tu sai che lo faremo…”.
“Apprendiamo con soddisfazione l’esito della sentenza dei giudici del Tribunale di Termini Imerese che hanno riconosciuto la completa innocenza di Vincenzo Liarda – dichiara il segretario generale Flai Cgil Palermo Dario Fazzese – L’auspicio è che Liarda riprenda e continui con coraggio il lavoro svolto assieme alla Flai e alla Cgil nelle alte Madonie in particolare, e in tutta la provincia di Palermo, per l’affermazione della legalità nel settore agroindustriale”.
“La giustizia ha riconosciuto la non colpevolezza di Vincenzo Liarda, assolto perchè il fatto non sussiste dal Tribunale di Termini Imerese”. A dichiararlo è il segretario generale Cgil Palermo, Mario Ridulfo. Che aggiunge: “Esprimiamo soddisfazione per l’esito del procedimento, che stabilisce l’innocenza dell’imputato. Tre anni fa apprezzammo la sensibilità di Liarda di autosospendersi dal sindacato. Oggi, la decisione dei giudici conferma la validità del lavoro svolto da Liarda in questi anni per lo sviluppo delle alte Madonie, con le tante battaglie fatte nella zona dalla Cgil per l’affermazione della legalità e per la restituzione del feudo Verbumcaudo alla collettività, condotte con il coinvolgimento dei sindaci dei comuni e dei cittadini del comprensorio madonita. L’esito del procedimento conferma la nostra fiducia sia nella magistratura che in Liarda”.