PALERMO – Il suo arrivo in rosanero non ha entusiasmato la tifoseria del Palermo ma le sue prime prestazioni in campo contro Marsiglia in amichevole e Bari in Coppa Italia hanno convinto anche i più scettici che Alessandro Gazzi, centrocampista 33enne acquistato dal Torino, potrà diventare uno dei leader di questo nuovo Palermo targato Davide Ballardini. Il rosso mediano con un passato nelle fila di Siena, Bari e Reggina, in un’intervista al Corriere dello Sport ha raccontato la sua scelta di vestire il rosa e in generale un po’ della sua vita.
“Seguo le emozioni e a 33 anni c’è sempre da migliorare. A Torino avevo ancora un anno di contratto ma dopo un paio di colloqui con l’allenatore ho capito che era arrivato il momento di cambiare e ho scelto Palermo perchè c’è un obiettivo da raggiungere, la salvezza”. Il ruolo di Gazzi sarà fondamentale nel gruppo giovane assemblato da Ballardini e l’ex granata lo sa bene: “Ci sono tanti giovani e dovrò aiutarli a migliorare. Ora che sono più vecchio divento un maestro di vita, imparerò un po’ di inglese, cercherò di capire le loro esigenze, li metterò in guardia dalle difficoltà di una stagione in A. Domenica col Sassuolo sarà un avvio affascinante”.
A dispetto delle sue origini venete, Gazzi è infatti originario di Feltre, il centrocampista ha già un bagaglio non comune d’esperienza con club del Sud Italia: “Palermo ha un personalissimo stile di vita che mi affascina anche se si tratta di un mondo al quale devo abituarmi. La mia anima calcistica è maturata però anche Bari e Reggio Calabria quindi a Palermo ho trovato le sfumature del sud: sole. Non amo alla follia il mare ma quando ho visto Mondello mi ha fatto una grande impressione e penso di prendere casa a due passi dalla spiaggia”.
Alla base del concreto giocatore di oggi ci sono i sogni di un bambino nato e cresciuto a pane e pallone. Ecco che Gazzi spiega la sua infanzia legata al calcio e il rapporto con i genitori: “Mio padre Francesco è stato il mio primo allenatore dai pulcini e mi ha insegnato che per raggiungere dei risultati ci vuole sacrificio e dedizione mentre mia madre Dolores mi spingeva più a sognare. Io sono timido e introverso sin da quando ero piccolo ma sto provando ad aprirmi, in campo ad esempio non ho timore di avere accanto un campione. Mio papà era interista mentre io tifoso del Milan e di Van Basten anche se più avanti mi appassionai a Zidane. A sette anni volevo diventare un grande calciatore ma poi stavo per mollare tutto, alla fine feci di testa mia”.