Gli sforzi dei grillini | e la rivoluzione mancata

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04 Gennaio 2015, 06:30

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PALERMO – Il rischio, forse più di un rischio, è quello di replicare lo schema romano. Con un governo che appare “senza alternative”, per usare fuori dal contesto le parole di Giorgio Napolitano. Con un’opposizione frammentata, quasi apolide, arroccata su posizioni d’estrema che danno sfogo al dissenso senza riuscire a costruire consenso e alternative credibili al giovin Matteo. Qualcosa del genere, con tutte le differenze del caso (ché Crocetta non è Renzi e ben poco gli somiglia), piaccia o meno accade anche in Sicilia. Dove le gigantesche difficoltà in cui la giunta è impantanata non riescono comunque a rilanciare sullo scenario politico e mediatico le opposizioni. Che restano ai margini del dibattito, loro malgrado.

È difficile negare che nel 2014 che la Sicilia si lascia alle spalle, la dialettica politica si sia consumata sostanzialmente all’interno del perimetro del centrosinistra, col ruolo di grande oppositore di Crocetta appannaggio dell’ala “cuperliana” del Partito democratico. Oggi, dopo la pax che ha portato al Crocetta ter, il paradigma è mutato, con al centro del dibattito lo scontro tra il rigore dell’emissario di Renzi Alessandro Baccei e le resistenze incarnate da Crocetta e dalla sua coalizione. Ma ancora una volta i protagonisti dello scontro restano all’interno del recinto della maggioranza. E gli altri?

Pochi giorni fa Accursio Sabella illustrava su Livesicilia come il sempre più evanescente centrodestra siciliano si stia assestando su posizioni da “opposizione di sua Maestà”, funzionali in qualche modo al gioco dello stesso governatore. Fuori dalla partita resta “l’altra” opposizione, quella del Movimento 5 Stelle. Ma il suo ruolo in commedia rimane ancora tutto da definire. Sì, perché malgrado gli sforzi, i grillini siciliani rimangono loro malgrado ai margini del dibattito politico e faticano a imporsi sulla scena, relegati da tempo a un ruolo marginale dopo i primi mesi di legislatura che li avevano visti in qualche modo protagonisti per via di quell’interlocuzione con Crocetta che aveva fatto parlare, frettolosamente, di “modello Sicilia” come paradigma di una collaborazione possibile tra Pd e 5 Stelle.

Se la “rivoluzione” crocettiana è rimasta un miraggio, la rivoluzione pentastellata, in Sicilia come altrove, dà l’impressione di segnare il passo. Animati da molte buone intenzioni, e meno inclini a gaffe e scivoloni rispetto ai loro colleghi del parlamento nazionale, i deputati regionali a Cinque stelle (“cittadini”, preferiscono dire loro) si sono dati parecchio da fare (sono il gruppo più “produttivo” della legislatura) a incalzare il governo senza riuscire però a guadagnare il centro della scena. L’unico tema che negli ultimi mesi i grillini riuscirono a imporre all’agenda politica, anche con una convergenza con il centrodestra, è stato quello della sfiducia a Crocetta. Ci provarono con lo “Sfiducia day”, che però finì per trasformarsi in boomerang, non tanto per le improvvide frasi sulla mafia pronunciate da Beppe Grillo a Palermo, quanto per il simultaneo ricompattamento della maggioranza che trasformò quella lunga seduta d’Aula nel battesimo della ritrovata pace del centrosinistra.

Alla fine, insomma, malgrado un’infinità di interventi grillini praticamente su qualsiasi cosa (dall’acqua minerale alle trivelle passando per farmaci, musei, doppi incarichi, province, immigrazione, etica pubblica e chi più ne ha più ne metta), i riflettori della scena sono rimasti tutti per i derby interni al Pd. “I teatrini di Raciti o Baccei mi sembrano dei regolamenti di conti all’interno di una brigata di amici – commenta a Livesicilia il pentastellato Giancarlo Cancelleri – . Politicamente credo che rispetto alle altre opposizioni abbiamo fatto sentire più la nostra voce. Certo è che purtroppo risultati ne porta pochi a casa non il Movimento 5 Stelle ma la Sicilia. Il 2014 sarà ricordato come l’anno delle cinque finanziarie perché altro non abbiamo fatto all’Ars, quindi l’improduttività è stata generale”.

Antonio Venturino, vicepresidente dell’Ars che uscì dal Movimento un anno e mezzo fa, la vede così: “Non vorrei fare il saccente ma si sta dipanando una situazione che avevo già intuito con altri. Il fatto che l’azione dei Cinque Stelle sia marginale è dovuta al fatto che non si può fare politica da soli. Isolandosi non si riesce a fare in politica, ed era inevitabile che la loro azione diventasse piuttosto sterile. Loro – sintetizza l’ex grillino oggi nel Nuovo Psi – continuano a vedere il dialogo come compromesso nell’accezione più volgare del termine”. Una lettura che i 5 Stelle respingono archiviandola alla voce “fiera dei luoghi comuni”: “Il Movimento 5 Stelle non solo ha cofirmato provvedimenti altrui, ma lo ha fatto spesso, e talvolta volentieri. Sempre che questi marciassero in direzione del bene comune dei siciliani, a prescindere da chi li proponesse”, sottolineava a Livesicilia qualche giorno fa con una nota il gruppo parlamentare grillino.

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La capogruppo Valentina Zafarana a Livesicilia ammette: “A un certo punto ci siamo resi conto che non valeva la pena proporre più niente. Non siamo interlocutori perché purtroppo non c’è nulla di cui discutere. Avevamo provato a presentare a Roma l’emendamento per salvare i fondi Pac, il Pd non lo ha votato… Abbiamo fatto una marea di esposti sui temi dell’ambiente, del risanamento ma tutto sembra covare per non rompere certi equilibri. La mia impressione è che nel Pd si attenda solo che Roma molli, per tornare al voto. È una politica di galleggiamento che non attende altro”.

Già, il voto. La Sicilia resta una roccaforte del movimento di Grillo e Casaleggio, alle prese a Roma con scomuniche ed epurazioni. Alle Europee dell’anno scorso i grillini hanno ottenuto nell’Isola un buon 26 per cento (e 170 mila voti in più delle regionali del 2012) che è valso loro la seconda piazza dietro il Pd. Meno entusiasmanti come da tradizione i risultati delle amministrative, che però portarono ai 5 Stelle la gioia del successo a Bagheria.

Nel frattempo altrove in Italia si è votato per le regionali, e i risultati dei pentastellati sono stati desolanti. Un campanello d’allarme anche per la Sicilia? “Certo, più i territori sono stati impoveriti dall’arrivismo politico, più sono gli stipendi che dipendono dalla politica, più difficile è debellare un certo tipo di storia”, dice Zafarana.

Sarà. Quel che resta è il sogno di una rivoluzione “dal basso” che al momento rimane tale. E un movimento che stenta ad accreditarsi come vera alternativa di governo. E che oggi sembra faccia meno paura di ieri ai suoi avversari. Nei giorni più bui del Crocetta bis, quando le liti interne al Pd la facevano da padrone sulle pagine dei giornali, notabili e peones di centrosinistra a taccuini chiusi ribadivano a ogni occasione, conversando con i giornalisti, la necessità di ritrovare la pace “per non lasciare la Sicilia in mano al Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni”. Sarà un caso ma quel genere di spauracchio non lo si sente più evocare da tempo.

(1 – segue)

 

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04 Gennaio 2015, 06:30

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