Grillo scarica Nuti e compagni |Così va in tilt il Movimento 5 Stelle

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14 Aprile 2017, 17:02

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PALERMO – Un partito impazzito. Il Movimento 5 Stelle palermitano mostra i suoi nervi scoperti dopo la richiesta di rinvio a giudizio dei suoi attivisti coinvolti nell’inchiesta delle “firme false”. Una “montatura politica” hanno sostenuto ieri i deputati Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, parlando di “tentativo di levarci politicamente di mezzo per avere campo libero, attraverso una montatura ben organizzata, che salvo ripensamento del Gup i magistrati avranno modo di smascherare nel processo penale”.

Un bel guazzabuglio su cui ora si annuncia un altro colpo di scure di Beppe Grillo. Il leader del Movimento 5 Stelle ha chiesto al collegio dei probiviri “di valutare nuove sanzioni oltre a quelle già applicate” nei confronti dei deputati Nuti, Mannino e Di Vita “in seguito alle loro dichiarazioni riportate dai giornali, in cui viene attaccato il candidato sindaco del MoVimento 5 Stelle a Palermo e in cui vengono fatte considerazioni sulla magistratura che non coincidono con i nostri principi”. Lo annuncia lo stesso Grillo sul suo profilo Facebook.

La “montatura” evocata da Nuti e compagni, monta sempre di più.

Montatura di chi? Sarebbe interessante capirlo. Il lessico e le argomentazioni dei “cittadini” palermitani, rivoluzionari e anticasta per definizione, non ricorda in fondo le autodifese di quel Silvio Berlusconi che solo a nominarlo ai grillini viene l’orticaria?

Montatura di chi, onorevole Nuti?

Dei magistrati adorati dal popolo pentastellato e dai suoi aedi, tanto venerati che basta l’apertura di un fascicolo d’indagine dell’ultima procura per marchiare d’infamia lo sventurato – se non grillino – finito nell’indagine?

Immaginiamo che non possa essere così. Nuti e compagne dicono di avere fiducia nella Giustizia con la g maiuscola. Anche se le parole dei deputati sono percepite dallo stesso Grillo come distoniche verso le posizioni legalitarie, per non dire marcatamente giustizialiste, del movimento. E allora chi monta cosa?

Forse i nemici interni, protagonisti di questa violentissima faida a cinque stelle? I sodali diventati accusatori?

Un’ulteriore nota divulgata oggi dagli stessi Nuti, Di Vita e Mannino punta in quella direzione. “Ha ragione Luigi Di Maio, le espulsioni dal Movimento 5stelle conseguono alla condanna in primo grado. Tuttavia, i deputati regionali della Sicilia Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio dovrebbero essere espulsi dal Movimento, in quanto hanno confessato d’aver partecipato alla vicenda delle firme per le ultime comunali di Palermo. Che abbiano assunto il ruolo di accusatori non elimina le responsabilità penali che i due hanno ammesso, apparendo all’opinione pubblica come paladini e dunque estranei”, scrivono i tre parlamentari.

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Gran bel biglietto da visita per un movimento che da qui a meno di due mesi chiederà il voto ai palermitani per amministrare la città. Offrendo garanzie di unità e solidità che si commentano da sole. D’altronde lo stesso Nuti, in un’intervista al Corriere della Sera, prende ancora una volta le distanze dal candidato Ugo Forello e dice : “Lo staff, in autunno, ci chiese un parere e definimmo inopportuna la candidatura di Forello da noi attaccato in Antimafia, nel giugno 2014. Per un conflitto di interessi simile a quello della Boschi per Banca Etruria. Da avvocato difendeva i commercianti con Addiopizzo, ma con la stessa organizzazione chiedevano i risarcimenti e stavano nella commissione ministeriale che assegnava i risarcimenti”. Un caso che Livesicilia raccontò nel settembre scorso. 

Un partito impazzito, insomma. Che attinge anche al repertorio berlusconiano del processo-complotto e fa volare stracci con parole scagliate come pietre tra vecchi compagni di strada.

La nota di oggi cerca di correggere un po’ la rotta. E senza evocare oscuri scenari, spiega le scelte difensive dei tre: “Abbiamo agito nel nostro diritto e col dovere di tutelarci, collaborando con la magistratura cui abbiamo fornito elementi concreti che smontano le accuse di La Rocca e Ciaccio, i quali autosospendendosi hanno evitato provvedimenti disciplinari del Movimento”.

“La nostra sospensione – aggiungono i tre deputati – è stata invece deliberata dai probiviri, i quali ci hanno contestato una scelta difensiva che poi ci ha permesso di smontare le accuse di La Rocca e Ciaccio sulla presenza, nel primo pomeriggio, di Di Vita alla riunione del misfatto. Di Vita ha infatti provato con documenti la sua assenza pomeridiana a quella riunione, contraddicendo la versione fornita ai magistrati dagli accusatori. Si badi, la nostra sospensione non è derivata dal procedimento penale in corso né ha riguardato, come invece si è sostenuto in malafede, il nostro ruolo di parlamentari. Infine – concludono i tre deputati – la perizia calligrafica ordinata dalla Procura è chiarissima per La Rocca, riconoscendo la corrispondenza delle lettere di un’intera parola. Nel caso di Nuti essa esclude qualsiasi compatibilità e nel caso di Di Vita e Mannino non perviene ad alcuna certezza di compatibilità”.

Il giorno dopo le grida al complotto, Nuti e compagnia virano su una difesa di merito. E sparano a zero sui colleghi pentastellati da cui sono stati scaricati. Il carico ora lo mette Grillo in persona. In una velenosissima Pasqua a cinque stelle all’insegna del tutti contro tutti.

La nota

“Informo che io, Di Vita e Mannino, non abbiamo rilasciato dichiarazioni contro la magistratura, anzi tutt’altro, né contro il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle di Palermo. Se circolano dichiarazioni in tal senso attribuite a noi, sono da ritenersi non veritiere. Abbiamo espresso fiducia nella giustizia a cui ci affidiamo per dimostrare la nostra innocenza”. Lo afferma Riccardo Nuti in un comunicato.

 

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14 Aprile 2017, 17:02

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