CATANIA – Tra Maria Concetta Velardi, uccisa al cimitero di Catania nel 2014, e il figlio Fabio Matà, pochi giorni fa arrestato dalla Squadra Mobile come presunto autore del fatto di sangue, ci sarebbe stato un rapporto di tensione. Un rapporto che si sarebbe logorato con il tempo e che avrebbe portato l’indagato – secondo la ricostruzione degli inquirenti – a uno stato di insofferenza. Stato di insofferenza generato dalle “imposizioni” della madre di trascorrere con lei intere giornate al cimitero per “curare” la tomba di famiglia. Concetta Velardi aveva perso il marito per un tumore diversi anni prima. E sempre il cancro gli aveva strappato anche l’altro figlio. Con Fabio Matà si sarebbe creato un rapporto “affettivo esclusivo” che avrebbe allontanato dalla vita dell’indagato fidanzata e amici.
Eloquente secondo gli inquirenti lo scambio di messaggi tra Matà e la fidanzata il pomeriggio del 29 novembre 2012, un anno e mezzo prima dell’omicidio. L’indagato manifesta di sentirsi preso in giro dalla madre che lo elogiava davanti agli altre, mentre in privato lo criticava.
Matà scrive alla fidanzata: Che presa per il c…. mia madre mi elogia davanti alla gente. Quando poi so che ho mille difetti per lei…
Matà avrebbe avuto problemi a parlare con la fidanzata al telefono in presenza della madre. In un messaggio tra i due fidanzati (del 12 dicembre 2012) l’indagato dichiara di dover chiudere immediatamente la telefonata perché nella stanza è arrivata alla madre.
La fidanzata scrive a Matà: Perché hai chiuso all’improvviso, cosa è successo?
Matà risponde: Niente, dovevo lasciare la stanza dove mi trovavo.
La fidanzata: E’ perché hai chiuso? C’era tua mamma?
Matà: Yes.
Anche a gennaio del 2013 Matà non può rispondere al telefono alla fidanzata perché è in macchina con la madre.
Mata: Non ho risposto perché sono chiuso in macchina con mia madre.
In un altro sms a marzo del 2013 Matà spiega alla partner che non può rispondere al telefono perché “ho mia mamma tra le p…” e ancora “non si cucca” (non va a letto, ndr).
E ancora a giugno del 2013 il militare scrive: Non posso parlare c’è mia mamma.
Ci sarebbero state tensioni anche tra le consuocere. Da un ulteriore messaggio del Matà alla fidanzata inoltre si evince che tra la madre della promesse sposa e Concetta Velardi non ci sarebbero stati buoni rapporti (gennaio 2013). Pare infatti che alla presenza della madre, il figlio non potesse salutare la suocera.
Matà scrive alla fidanzata: Pulisco il corridoio centrale spero che non incontro i tuoi sarebbe imbarazzante guardare tua mamma e non salutarci.
L’indagato ad un certo punto sarebbe sconsolato. In un altro sms o whatsapp Matà confida alla fidanzata di sentirsi triste perché il rapporto con la madre era peggiorato (19 dicembre 2012).
Matà scrive alla fidanzata: Stamani scendo giù… Spero che la giornata con mia madre migliori, lo spero tanto…
Ad agosto del 2013 Matà sembra esasperato perché nonostante i suoi sforzi sua mamma continua a criticarlo. “Ho i c… girati, possibile fai tanto poi non manca l’attimo per dirmi qualche difetto. F… vita di merda“. Pochi giorni dopo aggiunge: “Tanto su di me non ha una gran considerazione“. Nella stessa conversazione scrive: “Ha sempre da ridire. Solo difetti”.
Ad ottobre del 2013 manifesta tutta la sua frustrazione sul fatto di dover trascorrere tutta la mattina al cimitero. “Insomma un’altra giornata di merda“, commenta.
Poco prima di Natale (15 dicembre 2013) Matà arriva a mentire alla madre pur di incontrarsi con la fidanzata. “Mia mamma sa che sono di servizio scrive”. L’indagato, lo ricordiamo, è un ufficiale della Marina in servizio a Maristaeli.
Il 22 dicembre 2013 (l’omicidio avviene il 7 gennaio 2014) Fabio Matà si sfoga con un amico. “Che p… sta vita. Da quando manca mio fratello tutto è cambiato”.
Una sequenza temporale di messaggi che secondo gli inquirenti tracciano il profilo del legame madre e figlio. Un rapporto “tutt’altro che sereno” per gli investigatori della Squadra Mobile diretta da Antonio Salvago. Dalla lettura delle conversazione emerge – secondo la ricostruzione dell’accusa – il disagio e la prestazione dell’indagato, uno “stato sempre crescente man mano che si avvicina la data dell’omicidio”.
LA DIFESA. Angelo Fabio Matà sin da quando ha scoperto di essere stato iscritto nel registro degli indagati, tre anni fa, ha sempre dichiarato di essere innocenza. Fatto che ha ripetuto anche al Gup Alessandro Ricciardolo, nell’interrogatorio di garanzia. Matà, difeso dall’avvocato l’avvocato Maurizio Magnano di San Lio, ha fornito la sua versione dei fatti. “Ha contestato ogni accusa dichiarandosi totalmente estraneo e di non avere commesso alcun reato”, ha commentato il suo difensore dopo l’interrogatori di garanzia. Sulle tracce di Dna trovate nelle unghie della madre (una delle prove chiave dell’accusa) l’indagato ha posto in evidenza che lui e la madre erano “sempre in contatto”.