07 Aprile 2021, 15:55
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CATANIA. Una situazione insostenibile culminata con la protesta di ieri nella Capitale ma destinata ad avere ripercussioni su ogni regione e provincia. I ristoratori sono allo stremo. A nulla sinora sono serviti appelli e manifestazioni; e che la misura sia ormai colma lo dimostrano anche le parole di chi il proprio locale rischia di non poterlo più riaprire.
A distanza di un anno siamo ancora qui e non lottiamo più contro il virus ma contro la fame – spiega Mario Urzì, uno dei tanti ristorato catanesi ormai allo stremo -. Le nostre aziende sono quasi tutte fallite. Arrivano tasse delle quali non capiamo il motivo visto che non stiamo usufruendo di alcun servizio: non abbiamo più come portare la spesa ai nostri figli. Siamo ostaggio di un sistema che non ha mai funzionato. Ma hanno preso noi come capro espiatorio ed è evidente che, nonostante la nostra chiusura, il contagio è aumentato.
L’unica cosa che è diminuito è il nostro potere di padri di famiglia perché non possiamo più portare la spesa a casa. Ed io non prendo sussidi né reddito di cittadinanza. E’ tutto sulle mie spalle”.
Una situazione al limite con una serrata che nei prossimi giorni potrebbe riportare ad una riapertura forzata da parte degli stessi ristoratori: “Noi abbiamo deciso di aprire ma non per protestare o per fare qualcosa di eclatante – prosegue Urzì -, ma solo per chiedere il nostro diritto al lavoro. Hanno voluto tavoli distanziati, sanificazione, plexiglass: l’abbiamo fatto ma da un anno ci tengono chiusi. Il virus è ovunque: scuole, metropolitane, uffici, banchi, negozi e noi però chiusi.
E’ una cosa normale? E’ follia. Accanimento nei confronti della nostra categoria”.
“La categoria dei ristoratori è gente perbene che ha investito i propri soldi facendo sacrifici: ma se non volete che la nostra categoria si evolva in qualcosa di brutto allora fateci lavorare”.
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07 Aprile 2021, 15:55