“I selfie di Papa Francesco” |Dario Viganò a Scienze Politiche

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19 Aprile 2017, 19:04

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CATANIA – È stato definito “il papa dei selfie”,  Jorge Mario Bergoglio. Una modalità assai efficace per consegnare alla collettività uno dei tratti qualificanti del pontificato di Francesco. Questione di comunicazione, e non solo. Un modus operandi che destruttura le forme linguistiche ordinarie dell’istituzione Chiesa per rifondarle a partire dalla corporeità. Quella del vescovo di Roma, ovviamente. E lo si era capito sin dal giorno della sue elezione al soglio di Pietro. Ne ha parlato oggi don Dario Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, nonché direttore del Centro Televisivo Vaticano, intervenendo nell’aula magna del dipartimento di Scienze Politiche. “Già l’annuncio del nome prescelto, Francesco, ci aveva aperto l’orizzonte di una semantica, di una rete e di un bacino di valori, prospettive e atteggiamenti direttamente riconducibili al grande Santo di Assisi – ha detto – Poi, affacciandosi alla loggia di San Pietro, in quella sera del 13 marzo 2013, un lieve saluto, un segno di contatto appena sussurrato: ‘Fratelli e sorelle… buonasera’. Così Jorge Mario Bergoglio è riuscito a rendere straordinario l’ordinario, presentandosi alla comunità di fedeli all’insegna dell’autenticità, della semplicità, dell’immediatezza”.

Nessun rischio annacquamento dei contenuti di fede, ha sottolineato Viganò rispondendo alle domande dei giornalisti: “Non credo proprio – ha spiegato – Ogni comunicazione ha due livelli, di contenuto e di relazione. In Francesco è la relazione classifica che giudica il contenuto rendendolo vero e significativo. Dal suo modo di presentarsi abbiamo subito capito che quel mondo semantico legato al nome Franciscus non solo valeva come una promessa, ma già come una realizzazione”.

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“Francesco è un papa culturalmente meraviglioso – riferisce Salvatore Aleo, ordinario di Diritto penale – che parla dei perdenti, degli ultimi, degli ‘sfigati’, che telefona a casa della gente, ma che al tempo stesso ha la stessa forza rivoluzionaria dei Beatles o di Beccaria, la cui fortuna in Italia e all’estero consiste nel fatto che in fondo chiedeva delle cose banali e condivisibili da tutti: per esempio, poche leggi, semplici e chiare. E’ proprio questa banalità che può riuscire a cambiare il mondo”. Gaetano Zito, vicario diocesano per la Cultura, ritiene che proprio Francesco arrivi a fondere nella sua figura l’endiadi tra leadership e comunicazione: “In Francesco si riscontra che ciò che dice è ciò che fa, proponendosi e non imponendosi, in un tempo nel quale a fronte di un’altissima velocità dell’informazione, è invece bassissimo il livello della coscienza critica”. Gli fa eco Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio: “Attraverso la cordialità e il suo saper parlare al cuore della gente, Bergoglio è riuscito a divenire un leader naturale”.

 

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19 Aprile 2017, 19:04

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