PALERMO – Gennaio 2016 – gennaio 2020: sono quattro anni che Filippo Guttadauro vive in carcere da internato al 41 bis. Ha finito di scontare la condanna, ma a coloro che, come lui, vengono considerati socialmente pericolosi viene applicata una ulteriore misura di sicurezza.
Guttadauro è internato presso la “casa lavoro” di Tolmezzo. Un lavoro che in realtà in carcere non c’è. Di fatto manca lo strumento per valutare il comportamento del cognato di Matteo Messina Denaro (ha sposala la sorella Rosalia) e il suo status di viene mantenuto di proroga in proroga. In gergo carcerario viene definito “ergastolo bianco”.
Le sorti di Guttadauro, secondo la Procura di Palermo, stavano particolarmente a cuore ad Antonello Nicosia, componente dei Radicali e da alcuni mesi in carcere per mafia. Le battaglie legittime del movimento in difesa dei diritti dei detenuti sarebbero divenute per Nicosia un pretesto per portare avanti gli interessi dell’organizzazione. “Nicosia il 1 febbraio 2019 si era recato insieme all’onorevole Giuseppina Occhionero (allora di Leu e oggi di Italia Vica) nella casa circondariale di Tolmezzo, ove si trovava Guttadauro – si legge nella contestazione – per fargli visita, per rassicurarlo del proprio impegno relativo alla sua causa e, a tale scopo, proponendosi anche di presentare una interrogazione parlamentare per il tramite dell’onorevole”.
Cosa che avvenne nella seduta della Camera del 7 marzo 2019, quando la deputata, oggi indagata per falso, parlò delle criticità strutturali del carcere di Tolmezzo, spiegando che i locali destinati alla “casa lavoro” erano sostanzialmente coincidenti con quelli per l’espiazione delle pene detentive.
Da qui l’accusa a Nicosia di avere contribuito alla catena di solidarietà in favore di Guttadauro, arrestato dalla polizia nel 2006. Era il numero 121 della corrispondenza di Bernardo Provenzano, il fedele boss che veicolava i pizzini fra il padrino corleonese e il latitante di Castelvetrano.
Pochi giorni dopo l’interrogazione parlamentare del 2019, in occasione dell’udienza a Udine per il Riesame della misura di sicurezza, Guttadauro, difeso dall’avvocato Michele Capano, militante dei Radicali, raccontò dei ripetuti tentativi degli investigatori di convincerlo a collaborare con la giustizia. Gli offrirono la scarcerazione immediata e un milione di euro in cambio di notizie sul cognato latitante. Invito rifiutato. Guttadauro resta internato al 41 bis, a quattro anni dal fine pena. Internato e in silenzio perché non sa o perché non vuole parlare.