Il film già visto |della vigilia delle dimissioni

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17 Luglio 2012, 18:51

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Un film già visto. E in un passato neanche troppo lontano. Gli avvenimenti degli ultimi giorni ricordano da vicino quelli che precedettero le dimissioni di Totò Cuffaro dalla presidenza della Regione: anche in quel caso, infatti, a dare una spallata alla tenuta del governatore, che dopo la condanna in primo grado per favoreggiamento semplice non si era dimesso, era stato un intervento di Confindustria prima e del governo nazionale poi. In quel caso, però, di una presa di posizione di Romano Prodi ci si era solo limitati a parlare. Adesso, invece, la lettera di Mario Monti c’è.
Ma facciamo un passo indietro. Il 18 gennaio 2008 Totò Cuffaro era stato condannato in primo grado a 5 anni con interdizione perpetua dai pubblici uffici per l’accusa di favoreggiamento semplice. Un’ipotesi di reato, quella riconosciuta dal tribunale di Palermo, che Cuffaro aveva in qualche modo preventivato nei giorni precedenti alla sentenza, dicendo che senza il favoreggiamento aggravato, cioè senza la contestazione di un aiuto diretto a Cosa nostra, non si sarebbe dimesso. Così fu: dopo la condanna (che in appello e in Cassazione sarebbe poi stata appesantita proprio in direzione del favoreggiamento aggravato) il governo rimase a galla per una settimana.
Poi, però, arrivarono i cannoli. Lo scatto di Michele Naccari, che ritrasse l’allora governatore con una guantiera di dolci in mano per quello che fu descritto dai media come un festeggiamento, fece il giro del Paese e portò il presidente di Confindustria dell’epoca, Luca Cordero di Montezemolo, a criticare aspramente Cuffaro: “Mentre gli imprenditori siciliani combattono con coraggio contro il pizzo – disse il presidente della Ferrari il 25 gennaio -, il governatore della Sicilia viene condannato a 5 anni di reclusione e decide di restare al suo posto. Questa brutta istantanea riassume bene i due volti del Paese e la distanza sempre più grande di questa classe dirigente politica dal Paese reale, dai problemi, dei cittadini”.
In quelle ore, però, arrivò anche un’altra notizia. La voce si diffuse a Palazzo dei Normanni lo stesso giorno delle dichiarazioni di Montezemolo: Romano Prodi stava per firmare una dura lettera di condanna nei confronti di Cuffaro. L’intervento del premier, un decreto di sospensione dall’incarico, arrivò quattro giorni dopo. Ma il governatore di Raffadali lo batté sul tempo: il 26 gennaio, in una seduta tesissima, attese l’approvazione della Finanziaria e poi lasciò l’incarico. L’epilogo, invece, questa volta è tutto da scrivere.

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17 Luglio 2012, 18:51

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