Il grande risiko delle griffe

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08 Giugno 2012, 11:13

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Ormai è un dato di fatto: le grandi griffe vestono Palermo. Proprio così. In un momento in cui il tessuto commerciale storico della città si sta lentamente sgretolando (vedi Spatafora, Hugony, De Magistris-Bellotti, Flaccovio, Tessilcora e, ultimo in ordine di tempo, Schillaci), le maison più in voga scendono in città. Comprano le licenze dai vecchi “padroni” del centro e aprono vere e proprie oasi del lusso. Tutto, in un fazzoletto di città ben preciso, definito non a caso il quadrilatero delle griffe, ossia l’asse che da piazza Croci arriva fino a via Ruggero Settimo. E così, percorrendo la via Libertà, a pochi metri l’uno dall’altro, è possibile trovare Alviero Martini, gli orologi Franck Muller distribuiti dalla gioielleria multimarca dell’imprenditore siciliano Gaspare Barresi, Tod’s. E basta attraversare la strada, per trovare Hermés, Louis Vuitton, Prada.

Non siete ancora soddisfatti? Nessun problema. Dovrete solo avere un poco di pazienza. Al posto di Schillaci, infatti, in via Libertà, all’altezza di via Enrico Albanese, arriverà entro l’anno Gucci, la maison fiorentina di alta moda e articoli di lusso dallo stile inconfondibile che, secondo alcuni rumors, per acquistare la licenza avrebbe sborsato quasi due milioni di euro.

Non ancora definita, poi, la trattativa per trasformare Torregrossa, la boutique che al numero 5 di via Libertà, ospita anche un corner Chanel, in un monomarca della maison francese. Apertura che farebbe di Palermo il punto di riferimento di mademoiselle Cocò in tutto il Sud Italia, visto che le uniche boutique gestite direttamente dalla casa madre sono a Milano, Firenze, Venezia e Roma. E la boutique affiancherebbe un altro grande nome della moda, Prada, sbarcata in città alla fine dello scorso anno nei locali che ospitarono Napoleon e poi Benetton e per i quali paga un affitto di oltre 40 mila euro al mese.

Fari puntati sul salotto palermitano anche per Dolce & Gabbana che, però, al momento non hanno alcuna trattativa in corso. L’intenzione della coppia di stilisti sarebbe quella di aprire in via Libertà. E non a caso, i bene informati parlavano di un interesse per i locali della gioielleria Fiorentino, un palazzo di duemila metri quadri su 5 livelli, il cui valore è stato stimato in oltre venti milioni di euro. Dal gruppo palermitano, però, hanno recentemente dichiarato tutt’altro. Ossia, l’imminente recupero dello storico punto vendita di via Roma, oltre a quello della filiale di via Libertà. Nessuna dismissione, quindi. Piuttosto un rilancio. “C’è da dire – commenta il presidente della Camera di Commercio di Palermo, Roberto Helg – che D&G sono legati a Giglio, punto di riferimento dell’alta moda cittadina. Per questo un qualsiasi cambiamento richiede una più approfondita riflessione”.

Affari in corso anche per Harmont & Blaine che potrebbe traslocare nei locali di via Libertà, all’angolo con la via Torrearsa, lasciati da Marina Rinaldi, e per Mango, marchio spagnolo che non è riuscito ad attecchire e che ha lasciato il posto a un Disney store, che dovrebbe aprire i battenti entro l’anno.

All’appello ne manca ancora uno. È Tiffany, la cui apertura è stata più volte ventilata, ma mai concretizzata. Lo scorso dicembre, addirittura, la casa newyorkese ha riunito nobili, imprenditori e signore dell’alta borghesia palermitana organizzando uno speciale pranzo destinato a sondare il mercato siciliano. E la risposta sembrava essere stata positiva. Ma niente da fare. Tiffany non sembra disposta a grandi investimenti. E così anche l’ultima indiscrezione che voleva la casa di gioielli resa celebre dalla splendida Audrey Hepburn prendere il posto di Schillaci si è volatilizzata e adesso la “Colazione” si potrà fare da Gucci. Per il pranzo invece “accontentatevi” del Burger King, che pare proprio sia destinato a prendere il posto di Tessilcora, negozio storico del centro di Palermo, che dopo 70 anni di attività ha gettato la spugna.

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“Il segnale più evidente in tutta questa girandola di aperture – commenta Helg – è che la crisi non sta toccando il mercato del lusso. I ricchi, infatti, sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Se a questo si aggiunge che il grande marchio vede Palermo come porta del Mediterraneo, allora ci si spiega come, anche in un momento di totale crisi, si continui ad assistere ad aperture ‘eccellenti’”. Un trend confermato anche dagli studi di settore. Secondo una recente ricerca dell’Istituto Tagliacarne che ha studiato il mercato cittadino proprio per conto della Camera di commercio “il 18,4 per cento del volume dei consumi pro capite è destinato ad articoli di lusso”.

Come dire, status symbol da inseguire a tutti i costi. “In Sicilia – afferma Mimma Calabrò, segretario regionale della Fisascat Cisl – stiamo vivendo una stagione terribile. Alla disoccupazione strutturale si è aggiunta anche quella provocata dalla crisi economica e il primo segmento ad essere colpito è proprio quello del commercio. Ma il lusso resiste perché il trend negativo non colpisce la fascia alta, ma i ceti medio e basso”. Non stupitevi quindi se i negozi griffati sono i primi ad accaparrarsi gli spazi lasciati vuoti dai negozi storici palermitani (“e vi garantisco che oggi se arrivassero offerte buone – continua Helg – l’asse teatro Massimo-teatro Politeama vedrebbe sparire tutti i marchi che hanno fatto la storia del commercio palermitano”). E, ancor di più, se avete notato davanti alle loro vetrine la fila anche quando gli altri facevano i conti con una situazione da deserto dei Tartari. Perché ciò che conta è apparire. Costi quel che costi.

 

 

 

 

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08 Giugno 2012, 11:13

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