PALERMO – La procura palermitana ha aperto un fascicolo d’indagine sul naufragio avvenuto davanti le coste libiche di un gommone con circa 90 persone a bordo di cui solo una quarantina sarebbero stati salvati. Dieci sono stati i corpi delle vittime recuperati. I superstiti e le salme sono stati portati oggi a Palermo dalla nave militare Etna. Gli inquirenti interrogheranno i migranti superstiti per capire chi pilotava il gommone e se lo scafista si sia salvato e chiarire quante persone vi erano a bordo per comprendere quindi le reali proporzioni del naufragio. C’è da chiarire anche la possibilità che un altro gommone, partito forse contemporaneamente a quello di cui vi è la certezza del naufragio, si sia inabissato provocando altre decine di morti. La voce sarebbe stata rilanciata ieri dal sindaco di Lampedusa Giusy Nicolini ma finora non ha trovato conferme ufficiali.
“Grazie alla rapidità delle unità navali dell’operazione Mare nostrum abbiamo potuto salvare i naufraghi. Se non fossimo stati lì sarebbero morti tutti”, dice Marino Baldari comandante della Nave militare Etna. “Abbiamo soccorso uno dei migranti che si trovava in acqua da tempo immerso in un mare sporco dal carburante – aggiunge – Era molto scosso e provato. Aveva ustioni. Ha raccontato di avere perso la moglie e il figlio in un naufragio”. Quest’uomo sarebbe stato trasportato a Lampedusa e nell’isola avrebbe raccontato di un naufragio di cui sarebbe unico superstite. “Come si fa a non restare scossi da questi racconti – ha aggiunto il comandate – Per fortuna che in pochi minuti si sono concentrati in quello specchio di mare navi e aerei. Siamo così riusciti a salvare una parte delle persone finite in mare. Cosa sarebbe successo senza questo dispositivo di salvataggio?”