Il prestito, il corpo carbonizzato, il metodo mafioso: quattro arresti NOMI - Live Sicilia

Il prestito, il corpo carbonizzato, il metodo mafioso: quattro arresti NOMI

I dettagli dell'operazione dei militari.
PIETRAPERZIA
di
4 min di lettura

Pietraperzia – Secondo i carabinieri furono loro a sparargli, accoltellarlo e distruggere il cadavere dandogli fuoco all’interno del suo pick-up, abbandonato in aperta campagna in territorio di Enna. E tutto questo perché la vittima, il quarantenne Andrea Paternò, aveva osato rivendicare la restituzione di un prestito di 20 mila euro. Per questa ragione stamattina i carabinieri del nucleo investigativo di Enna, assieme al Ros, hanno tratto in arresto quattro allevatori di Pietraperzia. Sono Filipponeri Di Marca detto “il llungo”, 63 anni, Calogero Salvatore Giorgio Di Marca di 24 anni, Giuseppe Di Marca di 36 e Giovanni Semilia di 25. Per i quattro le accuse sono omicidio aggravato e distruzione di cadavere. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip di Caltanissetta Santi Bologna. A illustrare i dettagli dell’operazione dei carabinieri sono stati questa mattina, in una conferenza stampa, il maggiore del nucleo investigativo Serena Federica Galvagno, il colonnello Angelo Franchi, comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Antonino Restuccia, comandante del reparto operativo, e il maggiore del Ros Nicola Gargini. Agli arresti e alle perquisizioni hanno partecipato militari del comando provinciale di Enna, del Ros e dello squadrone eliportato Cacciatori di Sicilia dei carabinieri. Uno degli arrestati si trovava in Belgio ed è stato individuato attraverso i canali di cooperazione internazionale.

Il cadavere carbonizzato e gli scambi di telefonate tra gli arrestati

Andrea Paternò di Barrafranca, un incensurato che lavorava nel settore agricolo, scomparve nel nulla l’11 luglio dell’anno scorso. I resti carbonizzati del suo corpo furono rinvenuti dopo due giorni in contrada Arcera a Enna, all’interno del suo pick-up, un Mitsubishi L200, dato alle fiamme anch’esso sotto alcune balle di fieno. Gli inquirenti lo stavano già cercando. Hanno avviato un’attività tecnica particolarmente complessa, analizzato le immagini delle videocamere di sorveglianza e fatto scattare le intercettazioni, da cui è emerso il possibile movente: un credito ingente, 20 mila euro, per cui in più occasioni Paternò aveva discusso con i Di Marca. 

Quella mattina, secondo l’accusa, la vittima andò nell’azienda agricola dei Di Marca e lo convinsero ad andare a bere un caffè; forse, secondo gli inquirenti, per radunare tutti coloro che avrebbero partecipato al delitto. A quel punto, infatti, sarebbe partito uno scambio di chiamate tra gli arrestati; che poi, all’arrivo della vittima, sarebbero passati alle vie di fatto, uccidendolo e organizzando la distruzione del corpo. Poi Filipponeri Di Marca sarebbe andato a prendere un fusto di gasolio in un distributore di carburante, dove sarebbe stato anche ripreso dalle videocamere. Il resto è la cronaca dell’incendio e della distruzione del cadavere. 

Il “metodo mafioso”

Dalle indagini sarebbero emersi collegamenti con ambienti vicini a Cosa Nostra. Del resto Barrafranca e Pietraperzia, oltre a essere piccoli paesi dell’entroterra siciliano, sono i centri in cui operano da decenni due dei clan più antichi della provincia di Enna e dove fino a pochissimi anni fa, indagini condotte dai carabinieri di Enna e dal Ros di Caltanissetta, hanno svelato trame criminali attualissime. Nessuno degli arrestati, va precisato, è mai stato accusato di mafia, e va anche aggiunto che il gip, nell’accogliere la richiesta di ordinanza per omicidio formulata dai pm Pasquale Pacifico e Nadia Caruso, ha escluso l’aggravante e il “metodo mafioso”. Un metodo, uno “stampo mafioso”, che potrebbe esser stato in qualche modo confermato, quantomeno secondo quella che è l’idea dell’accusa, dal contesto di omertà rilevato, che non è certo una novità nel cuore della Sicilia. In questo contesto, anche gli appartenenti alla forestale che si sono occupati di domare l’incendio avrebbero omesso, secondo gli investigatori, “qualsiasi segnalazione in ordine alla presenza dell’automezzo incendiato e del cadavere”. “Le posizioni processuali dei predetti – spiegano dall’Arma –  sono allo stato al vaglio dell’autorità giudiziaria”.

Due degli arrestati, Calogero Salvatore Giorgio e Giuseppe Di Marca, sono indagati anche per alcuni incendi avvenuti nel luglio di quest’anno nei territori di Enna e Pietraperzia. Il movente degli incendi sarebbe stata la pretesa di utilizzare quelle aree per i loro capi di bestiame, in sprezzo a qualsiasi rispetto del diritto di proprietà. Da questo, qualora le indagini andassero avanti nella direzione tracciata dall’accusa, si evincerebbe una sorta di pretesa di alcuni indagati di imporre il proprio controllo sul territorio, con modalità simili a quelle mafiose. Ma per il momento anche questa è solo un’ipotesi. 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI