CATANIA – Se i fuochi degli incendi che hanno scarificato la provincia etnea la scorsa settimana sono spenti, non può dirsi lo stesso di tutto il resto. Non fosse altro che i quartieri periferici sono stati pesantemente colpiti. Non solo dagli effetti devastanti del fuoco, ma anche dalla crisi elettrica e dalla mancata erogazione di acqua. Un’incidenza che ha da dire tanto anche in termini di analisi sociale. Il dato è semplice e balza agli occhi immediatamente: sono stati rioni più poveri a pagare il prezzo più alto. C’è da capire perché? I parroci del VII vicariato dell’arcidiocesi di Catania hanno preso carta e penna e affrontano la questione con una lunga lettera aperta. Ecco alcuni passaggi.
“Desideriamo dirvi – si legge – che non siamo stati semplici “spettatori” degli eventi dei giorni scorsi, sia perché abbiamo vissuto i vostri stessi disagi, sia perché non possiamo rimanere indifferenti a quanto segna la vita delle persone che siamo chiamati a servire. Molti di voi hanno sofferto fisicamente e moralmente quando, avvolti da un caldo insopportabile, non hanno avuto nemmeno il refrigerio di un ventilatore, di una bevanda fresca, di una doccia, a causa della prolungata interruzione dell’erogazione di energia elettrica e di acqua; alcuni di voi, nonostante la precarietà economica, sono stati costretti a gettar via alimenti ormai deteriorati e a interrompere la propria attività lavorativa; soprattutto, alcune famiglie hanno visto, in poche ore, andare in fumo il frutto dei propri sacrifici a causa delle fiamme che hanno distrutto abitazioni e veicoli”.
“Alla nostra vicinanza spirituale e alla nostra preghiera – continua – desideriamo unire la disponibilità a venire incontro, sia pure nei limiti delle modeste risorse delle nostre Comunità, alle molteplici necessità materiali di quanti all’improvviso si sono trovati privi del necessario per la propria vita quotidiana: vi invitiamo a presentarci le vostre esigenze per valutare quali interventi sia possibile attuare. Al tempo stesso, però, desideriamo che le famiglie provate possano rimettersi in piedi e riprendere una vita normale non solo grazie a gesti di carità, ma anche attraverso l’intervento delle Istituzioni e di quegli Enti che, a vario titolo, devono assumersi la responsabilità di quanto è accaduto”.
I sacerdoti pongono alcuni interrogativi agli enti che sovrintendono all’erogazione dei servizi per richiamare le loro responsabilità. “E cosa dire degli incendi – si legge – che proprio la mancanza di acqua corrente ha reso così difficili da domare? Sono stati appiccati da piromani? Sono stati semplici incidenti? È possibile! Ma l’Amministrazione comunale ha vigilato adeguatamente sulla cura delle campagne che circondano i quartieri periferici? È stato disposto sui terreni pubblici e privati il necessario scerbamento? E che dire delle montagne di rifiuti che continuano ad accumularsi lungo le vie? Sono, per tutto l’anno, una minaccia costante alla salute pubblica e al decoro urbano, e diventano, nel periodo estivo, facile esca per le fiamme”.
Gli interrogativi proseguono. “È vero che, in una certa misura, tale degrado deriva dall’inciviltà di una parte della cittadinanza, ma quali controlli vengono effettuati per impedire l’abbandono dei rifiuti? Perché non viene potenziata la rete di videosorveglianza? Quali sanzioni vengono applicate nei confronti dei trasgressori? Inquietante è la certezza che i roghi, spesso, non derivano da semplice imprudenza, o dall’azione di individui “disturbati”, colti da manie incendiarie, ma sono gesti di matrice mafiosa che, secondo un piano ben delineato, si servono della forza del fuoco come mezzo di intimidazione, ricatto, vendetta, o per accedere ai fondi destinati ad agricoltori e allevatori”.
Si legge ancora: “Le indagini chiariranno le cause di quanto si è verificato e faranno emergere eventuali responsabilità, ma – anche nell’ipotesi di un incidente senza dolo né colpa – resta incomprensibile il modo in cui l’emergenza è stata gestita: a distanza di parecchi giorni, lo scalo non è ancora tornato alla piena operatività e, nonostante la circostanza favorevole di due aeroporti vicini (Sigonella e Comiso), non si è stati capaci di riportare il movimento dei passeggeri a una situazione di ordine”.
“Osserviamo queste cose – scrivono – proprio perché amiamo questa Città e la sua gente; il degrado e l’incuria che stanno alla base di tanti fenomeni non possono che suscitare in noi dolore e disappunto, tuttavia siamo in grado di cogliere i “semi” di bene, di solidarietà, di professionalità e di impegno che sono presenti in questo territorio e che, proprio nei momenti più difficili, si manifestano con particolare evidenza. Resta viva in noi la fiducia che Catania possa risollevarsi, possa reagire senza passiva rassegnazione ai fatti recenti e, più in generale, alla situazione di immobilismo che segna tanti aspetti della sua vita”.
I firmatari
Don Dario Sangiorgio, vicario foraneo (parroco in “B. M. V. del Carmelo e S. M. Goretti in San Giorgio”) Sottoscrivono: Don Gilbert Bilolo (parroco in “S. Giuseppe al Pigno”) Don Alfio Carbonaro (parroco in “S. Croce” – Villaggio S. Agata) Don Piero Galvano (parroco in “B. Padre Pio da Pietrelcina” – San Giorgio) Don Duilio Melissa (parroco in “Risurrezione del Signore” – Librino) Don Alfio Mignemi (parroco in “S. Maria del Rosario in Nesima”) Don Alessandro Napoli (parroco in “S. Chiara in Librino”) Don Renato Rubino (viceparroco in “S. Maria di Nuovaluce” – Monte Po) Don Fabio Vassallo (parroco in “S. M. Ausiliatrice e S. Domenico Savio a Fossa Creta” – San Giorgio) Don Antonino Vitanza (parroco in “S. Maria di Nuovaluce” – Monte Po)